Da diverso tempo le aziende commerciali hanno messo al centro delle proprie strategie di business la customer experience (Cx), ovvero la somma totale delle percezioni e dei sentimenti dei clienti derivanti dalle interazioni con i prodotti e i servizi dei brand rappresentati. Non sempre però l’approccio si è rivelato corretto. Come in molte altre situazioni collegate all’uso di tecnologia a supporto di azioni, anche qui spesso si è dato maggior spazio agli strumenti da utilizzare rispetto alle necessità da affrontare.
Così, almeno, la vede Pietro Martini, customer experience lead di BearingPoint Italia ed esperto della materia, che osserva da studioso, oltre che da esponente di una multinazionale indipendente di consulenza strategica, manageriale e tecnologica: “La customer experience va disegnata sul profilo del cliente e sulla comprensione dei suoi bisogni. Occorre capire che in consumatori tendono a livellare le proprie aspettative sulle esperienze positive, quindi diventa particolarmente efficace poterle creare il più possibile in anticipo”.
In sostanza, oggi non si tratta più di usare la tecnologia semplicemente per instradare un cliente verso un canale o un altro, né di interagire cercando di essere impositivi, per esempio proponendo forzosamente determinati prodotti: “La scelta spetta agli individui e le aziende devono preoccuparsi di essere presenti in tutti i punti di contatto interessanti per le loro categorie di interlocutori”, sottolinea Martini. “Abbiamo più o meno capito che, in un contesto ritenuto corretto, la predisposizione a lasciare informazioni su di sé esiste. Chi vuole instaurare una relazione positiva deve saper raccogliere tutti i dati provenienti dai vari canali, elaborarli in modo strutturato e così costruire a monte la storia di ogni relazione. Riuscire a standardizzare un customer journey, vuol dire aver fatto un grande passo avanti”.
Pietro Martini, customer experience lead di BearingPoint Italia
BearingPoint lavora su questo fronte, per mettere le aziende nelle condizioni di anticipare i desideri o le richieste dei clienti non solo in base alle interazioni già avute, ma anche al comportamento già tenuto da soggetti con simili caratteristiche. Di fatto, si crea una sorta di “sosia digitale”, che può emulare a monte richieste o reazioni, per poter poi rispondere in modo personalizzato e puntuale a quanto esposto dai clienti reali: “Possiamo creare personas basate su dati e algoritmi a base scientifica, per creare un cluster”, illustra Martini. “In questo modo, creiamo dei profili ideali per caratteristiche, aspettative e bisogni, per poi costruire interazioni standardizzate sfruttando l’intelligenza artificiale. I casi d’uso per questa soluzione sono diversi e spaziano dall’identificazione della campagna più corretta da veicolare su specifici target alla formazione per arrivare all’instradamento dell’interazione verso il canale più corretto”.
Si tratta di un approccio che potrebbe sembrare per certi versi avveniristico, ma secondo l’esperto di customer experience ci sono settori già avanti in questa direzione, come quello dei media, l’healthcare. L’hotellerie e anche le banche, anche se all’interno la velocità di adattamento è ancora piuttosto differenziata. Un po’ più indietro appare il comparto assicurativo, dove si ripongono alte aspettative a fronte di una soddisfazione ancora non ottimale.
BearingPoint è una realtà che opera come consulente e, quindi, agisce su aspetti come la comprensione del gap esistente fra aspettative dei clienti e livello del servizio offerto per arrivare all’identificazione della soluzione più corretta: “Siamo neutrali rispetto alla tecnologia e proponiamo una soluzione che si innesta nei sistemi già presenti, ad esempio il Crm, per generare a monte il modello più corretto e costruire così nella realtà interazioni più efficaci”, specifica Martini. La Cx rientra in un’offerta di servizi consulenziali più estesa, ad esempio verso il risk management, il mondo delle operation industriali, la gestione delle persone e altro.
Gli sviluppi più interessanti del periodo riguardano gli ambiti di utilizzo dell’AI generativa: “Abbiamo una practice che si occupa proprio di questo”, conferma Martini. “Sul breve termine, stiamo mettendo a punto soluzioni per rendere più efficienti, per esempio, le campagne pubblicitarie, con la tecnologia che esegue l’opera di prima creazione e l’uomo che interviene per migliorare questo lavoro di base, in una logica di complementarità con la tecnologia e non certo di sostituzione”.