I pensieri dei manager d’azienda sono tormentati da diverse paure, eppure quasi sempre i rischi vengono gestiti senza lungimiranza, senza proattività, semplicemente reagendo ai problemi che si presentano. Questo racconta lo studio “Global Risk Landscape 2025”, realizzato da Bdo su un campione internazionale di 500 C-level: tra gli intervistati, solo il 7% adotta un approccio proattivo alla gestione del rischio.
Si nota una chiara tendenza, perché il dato è in calo rispetto alla percentuale del 19% emersa sullo stesso panel nel 2024 e a quella del 29% registrata nel 2023. Nella gestione del rischio, prevalentemente si pensa alla compliance, cioè a non violare una regola vigente nel proprio Paese o settore, così da evitare sanzioni amministrative, danni monetari e di reputazione. Ed è proprio la compliance a causare le maggiori preoccupazioni.
“Dalla nostra analisi emerge chiaramente come, in un'epoca di crisi continua come quella attuale, le aziende che vogliono crescere e raggiungere i propri obiettivi devono adottare un approccio proattivo al rischio”, ha commentato Stefano Minini, partner risk & advisory services di Bdo. “Nonostante la maggioranza degli intervistati, alla luce delle incertezze internazionali, affermi di prediligere un atteggiamento di prudenza, il 74% si dice consapevole del fatto che l’integrazione nella cultura aziendale di una mentalità in grado di riconoscere e gestire i principali rischi inizierà a spostare l'equilibrio da un'attenzione eccessiva alla pura compliance all’implementazione di strategie reali di gestione del rischio, in grado di generare maggiore valore e opportunità per le aziende".
I principali grattacapi dei C-level
Alla domanda su quali siano le principali fonti di rischio e incertezza per le aziende, l’adeguamento ai requisiti normativi è risultata (a livello europeo così come a livello globale) la prima risposta, citata dal 35% dei C-level del campione. In particolare, i manager intervistati si sentono impreparati nella gestione e applicazioni dei regolamenti sulla privacy dei dati (la recente multa del Garante a Regione Lombardia, per questioni piuttosto tecniche sulla conservazione dei metadati, sembra dare sostanza a queste preoccupazioni).
Al secondo posto, come fattore di rischio più citato, ci sono a pari merito le incertezze della catene di approvvigionamento e la capacità di attrarre e mantenere in azienda i migliori talenti. Entrambi i problemi vengono citati dal 28% del campione, e mentre per i rischi della supply chain il dato era analogo nella survey del 2024, il tema delle risorse umane è oggi molto più sentito rispetto a un anno fa (quando era considerato un rischio rilevante dal 12% del campione). Le preoccupazioni legate ai dipendenti sono più sentite della media nel settore salute/sanità (citate dal 44% dei C-level), nell’immobiliare (39%) e nelle aziende di tecnologia, media e telecomunicazioni. (34%).
I manager d’azienda si preoccupano anche per quello che sta accadendo nel mondo, tra guerre materiali, diplomatiche e commerciali: tra gli europei, in particolare, il 27% pensa che i maggiori rischi derivino dalle tensioni geopolitiche. In risposta, si punta sul rafforzamento delle partnership con gli enti regolatori locali e su strumenti di previsione e monitoraggio del rischio. Arrivano solo al sesto posto, come fattore di rischio percepito, gli attacchi informatici: sono tra i pensieri principali del 23% dei C-level, che in particolare si preoccupano del phishing via posta elettronica (da cui possono derivare attacchi malware e frodi su fatture o pagamenti).
Il potenziale dell’AI nella gestione del rischio
Quasi la metà del campione vede l’intelligenza artificiale come un’opportunità, ma solo il 31% ritiene che possa aiutare nella gestione dei rischi e nella prevenzione delle frodi. Sull’AI c’è quindi interesse e apertura mentale, ma molti ancora faticano a collegare questa tecnologia all’idea di vantaggi concreti, almeno nella gestione dei rischi d’impresa.
“All’interno di questo scenario di incertezza, le aziende europee si stanno concentrando anche sulle opportunità offerte dall'Intelligenza Artificiale e sul potenziale della tecnologia nella gestione dei rischi”, ha commentato Renato Marro, partner risk & advisory services di Bdo. “L’intelligenza artificiale sta, inoltre, mostrando le sue potenzialità nell’identificare e nel prevenire con maggiore precisione i casi di frode. Tuttavia, solo il 30% dei C-level europei ha dichiarato di effettuare investimenti per lo sviluppo di strumenti basati sull’IA per l’identificazione delle frodi”.