03/11/2025 di redazione

Per l’intelligenza artificiale “sovrana” le aziende italiane spenderanno di più

Secondo un nuovo studio di Accenture, il 71% delle organizzazioni italiane prevede di aumentare gli investimenti in soluzioni di AI sovrana nell’arco di due anni.

La sovranità digitale, riferita soprattutto all’uso dell’intelligenza artificiale e dei servizi cloud, è un tema di cui nelle aziende si comincia a discutere. E anche in Italia si fa strada la consapevolezza di dover almeno ragionare sulla provenienza dei servizi e sulla collocazione geografica dei data center a cui ci si appoggia. Nel nostro Paese il 71% delle organizzazioni (imprese e Pubblica Amministrazione) prevede di aumentare gli investimenti in soluzioni di AI sovrana nell’arco di due anni, come evidenziato da un nuovo studio di Accenture, qualitativo e quantitativo, basato su 1.928 interviste condotte su dirigenti senior del settore pubblico e privato, in  28 Paesi e 18 settori di mercato. Le domande hanno indagato la situazione attuale ma anche la prospettiva evolutiva in un arco temporale di due anni.

Come si diceva, in Italia il 71% delle organizzazioni prevede di aumentare gli investimenti in soluzioni di AI sovrana nei due anni successivi al sondaggio: ci posizioniamo, in questo, subito dopo il 73% della Germania e davanti a Svizzera (64%) e Spagna (63%).

Il 62% del campione ha detto che la propria azienda è alla ricerca di soluzioni “sovrane” per via di preoccupazioni legate all’attuale incertezza geopolitica. Le preoccupazioni sono particolarmente forti in Paesi come Danimarca (80%), Irlanda (72%) e Germania (72%). I settori con requisiti regolatori e dati sensibili sono i più inclini ad adottare soluzioni sovrane, in particolare quello bancario (76%), Pubblica Amministrazione (69%) ed energia (70%).

Se, come da definizione di Accenture, consideriamo l’AI sovrana come “la capacità di un Paese di sviluppare ed implementare sistemi di intelligenza artificiale utilizzando infrastrutture, dati, modelli e talenti locali”, allora dobbiamo partire da una consapevolezza: in Italia sarebbe utopico pensare di fare a meno di tecnologie straniere, europee e anche (e soprattutto) nordamericane. Si potrebbe fare, forse, ma solo superando grandi scogli iniziali, mobilitando enormi investimenti e accettando di procedere più lentamente rispetto al resto del mondo. Uno scenario teoricamente non impossibile, ma irrealistico.

Ecco perché le aziende fanno, sensatamente, dei distinguo, ragionando sulle diverse tipologie di dato e di processo e seguendo, giocoforza, gli obblighi di conformità alle normative. Secondo lo studio, nelle organizzazioni europee solo il 36% dei progetti di intelligenza artificiale necessita di un “approccio sovrano”, motivato da regolamentazioni o dal fatto che siano in gioco dei dati sensibili. Di contro, il 65% del campione riconosce che appoggiarsi a fornitori tecnologici non europei è necessario “per restare competitivi”. 

C’è poi un 57% che valuta l’utilizzo di “soluzioni sovrane” proposte da fornitori sia europei sia extraeuropei. Sembra, quindi, che diverse opzioni siano destinate a convivere, scelte di volta in volta in base alla convenienza economica, alla facilità di adozione e alla natura dei progetti. 

Accenture, "Sovereign AI: Own your AI future", ottobre 2025

Accenture, "Sovereign AI: Own your AI future", ottobre 2025

“Un approccio di AI sovrana non significa centralizzare tutto”, ha spiegato Mauro Capo, digital sovereignty lead di Accenture Emea. “L’obiettivo è scegliere il giusto livello di controllo su dati, infrastruttura e modelli, mantenendo al contempo i vantaggi di scala e la velocità d’innovazione offerti da alcuni provider globali. In alcuni casi basta garantire la residenza locale dei dati; in altri, come ad esempio nel settore della difesa, serve una piena sovranità su tutti i componenti dell’intelligenza artificiale”.

Solo il 19% delle organizzazioni considera oggi l’AI sovrana come un vero vantaggio competitivo, mentre il 48% la adotta principalmente per motivi di conformità normativa. Inoltre, solo il 16% delle imprese europee ha portato il tema della sovranità dell’intelligenza artificiale all’attenzione del Ceo o del Consiglio di Amministrazione.

Il tema è comunque di forte interesse e ci si aspetta che trovi spazio nell’agenda politica: il 73% dei dirigenti intervistati pensa che governi e istituzioni, come l’Unione Europea, debbano avere un ruolo attivo nel rafforzare la sovranità digitale europea, attraverso regolamentazione, incentivi e investimenti pubblici. “L’Europa si trova davanti ad un paradosso”, ha commentato Mauro Macchi, amministratore delegato di Accenture Emea. “Da una parte i suoi leader comprendono la necessità di accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale per stimolare innovazione e crescita, ma dall’altra, poiché la maggior parte delle tecnologie proviene da fuori regione, ritengono che ciò rappresenti un rischio. Un approccio sovrano all’IA può risolvere questo dilemma, permettendo alle organizzazioni europee di proteggere le proprie attività critiche senza rallentare la competitività. Solo con un’economia innovativa e dinamica potremo investire nel rafforzamento dell’ecosistema tecnologico europeo e consentire ai nostri campioni locali di competere su scala globale”.

È dedicato al tema della sovranità digitale nella sicurezza informatica l’evento di TIG - The Innovation Group “Sovranità digitale e cybersecurity”, in programma il 2 dicembre nella sede di Cefriel a Milano. 

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