ChatGpt diventa di fatto anche un motore di ricerca Web disponibile per tutti, posizionando OpenAI in un nuovo mercato e consentendole di sfidare colossi come Google e la (pur alleata) Microsoft. L’ultimo annuncio della società di Sam Altman è un ulteriore passo in un percorso di convergenza reciproca tra i motori di ricerca tradizionali e i chatbot di AI generativa, percorso diventato sempre più evidente nell’ultimo anno. Tante trasformazioni piccole e grandi si sono susseguite, come l’integrazione dei modelli di OpenAI in Bing e di Gemini in Google Search, e sull’altro fronte il debutto in ChatGpt degli strumenti Search e del recente Deep Search. Il primo dei due è uno strumento orizzontale, indicato per le ricerche Web di qualsiasi tipo, mentre il secondo è indicato per le ricerche particolarmente complesse su domini di conoscenza specifici.
Finora si è trattato di strumenti che hanno una pur minima barriera all’accesso, ovvero la registrazione al servizio di OpenAI e la creazione di un account. Ora l’azienda ha aperto la diga, consentendo a chiunque, anche senza registrazione o login, di usare la funzione Search per trovare informazioni, siti, immagini e quant’altro sia reperibile sul Web.
La funzione di ricerca Web è già disponibile e risponde anche a query (domande vere e proprie o parole) formulate in italiano. Cliccando sull’icona “Cerca” si ottiene una sintesi del quesito, realizzata dal chatbot sfruttando le capacità del Large Language Model sottostante, con tanto di link alla fonte principale. A seguire figura un tasto “fonti”, premendo il quale vengono visualizzate altre pagine Web di riferimento.
In questi giorni OpenAI ha anche annunciato un’altra novità, riservata agli abbonati ai piani Enterprise ed Edu di ChatGpt e agli sviluppatori o aziende che usano la piattaforma Api (Application Programming Interface): un’opzione di data residency in Europa. In pratica, gli abbonati a ChatGpt avranno la possibilità di far elaborare i loro dati su server che materialmente risiedono all’interno dell’Unione Europea, mentre chi utilizza le Api di ChatGpt per sviluppare applicazioni potrà scegliere di conservare in Europa i dati e i contenuti dei propri clienti.
Non è tutto: nell’opzione di data residency è previsto l’uso di “tecniche di crittografia avanzate”, spiega l’azienda, e inoltre c’è la garanzia che i dati dei clienti non vengano usati per l’addestramento dei modelli di OpenAI (come scelta di default, a meno che il cliente dia il consenso). Inoltre viene garantita una protezione dei dati conforme a Gdpr, Ccpa e altre leggi sulla privacy e agli standard CSA STAR e SOC 2 Type 2. Viene offerto, infine, un addendum al trattamento dei dati (Dpa) che chiarisce ruoli e responsabilità ai sensi del GDPR e di altre normative sulla privacy, e che quindi aiuta le aziende a rispettare gli obblighi di conformità.
OpenAI cerca così di intercettare le esigenze di imprese, scuole e università che preferiscono o sono obbligate a garantire la sovranità dei dati. Un tema che non ha smesso di essere di attualità in riferimento al cloud computing (visto l'oligopolio degli hyperscaler statunitensi) e che ora si ripropone con l’intelligenza artificiale. In Italia non sono mancate polemiche sul tema che hanno coinvolto la stessa OpenAI e il suo servizio ChatGpt, messo sotto esame dal Garante della privacy. Ora le attenzioni e le preoccupazioni sono tutte su DeepSeek, su cui l’autorità di tutela dei dati personali ha appena aperto un’indagine e richiesto la sospensione del servizio.