Pubblicato il 11 maggio 2021 da Redazione
La pandemia è stata per i criminali informatici una gallina dalle uova d’oro, che ha offerto innumerevoli nuove occasioni di attacco. Un chiaro segnale di questo fenomeno è l’aumento degli attacchi finalizzati al furto di dati personali (username, password, indirissi email personali e aziendali, numeri di telefono, numeri di carte di pagamento), che sono cresciuti del 56,7% nel secondo semestre del 2020 rispetto alla prima metà dell’anno, stando ai dati dell’Osservatorio Cyber di Crif.
Le tempistiche di questa tendenza mostrano come i criminali abbiano approfittato non solo dei primi momenti di confusione, e dunque di smart working improvvisato, seguiti al lockdown di marzo-giugno 2020. Hanno, invece, continuato a sferrare attacchi anche nei mesi seguenti, sfruttando il fatto che il tempo trascorso online per lavorare o fruire contenuti è cresciuto in tutto il mondo.
Sul totale dei dati reperiti sul dark Web dall’Osservatorio di Crif, il 51,5% dei casi riguardava account di siti Web di intrattenimento, in particolare di videogioco e di contenuti streaming. L’ingrato balzo in avanti riguarda però i social network, la cui percentuale è passata dall’1,6% del primo semestre al 31,8% del secondo.
Cattiva notizia è che nel furto di credenziali (email e password associate a un profilo) l’Italia è al sesto posto nella classifica mondiale dei Paesi più colpiti nel 2020, dopo Stati Uniti, Russia, Francia e Germania. Per quanto riguarda il furto di dati di carte di credito, invece, nella lista dei Paesi con il maggior numero di vittime siamo undicesimi. Quelli reperiti sul Dark Web sono prevalentementi dati di account di posta elettronica personali, ma si nota però una certa accelerazione nelle violazioni sugli account business, che nel giro di sei mesi sono cresciute del 27,8%.
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