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Gli strumenti DevOps devono “contaminare” il mainframe

I sistemi centrali possono sembrare soluzioni del passato, ma ancora oggi il 96% delle banche esegue le proprie operazioni utilizzando questa piattaforma tecnologica. Per stare al passo con la trasformazione digitale, però, i mainframe devono evolversi. Parola di Chris O’Malley, presidente e Ceo di Compuware.

Pubblicato il 02 febbraio 2017 da Roberto Bonino

Nove professionisti It su dieci dichiarano di affrontare sfide significative nello sviluppo e nel rilascio delle applicazioni che coinvolgono il mainframe. Le difficoltà principali sono una lentezza nella delivery inaccettabile, workaround costosi, team di sviluppo che devono affrontare priorità in continuo cambiamento, problemi di compliance e rischi di sicurezza. Eppure, ancora oggi la maggior parte delle iniziative di business coinvolge il mainframe. Infatti, il 96 per cento delle banche e il 71 per cento delle aziende Fortune 500 continuano ad avere processi residenti su mainframe, per un totale di trenta miliardi di transazioni ogni giorno. E non si tratta di numeri stazionari, anzi. Il mercato è uno di quelli che cresce a due cifre.

I numeri derivano da una ricerca commissionata da Compuware a Forrester Consulting, che evidenzia appunto come molte aziende non possano fare a meno del mainframe, ma allo stesso tempo come queste realtà rischino di non riuscire a tenere il passo del business digitale di oggi e di non soddisfare le aspettative dei clienti. Ma non tutto è perduto.

“Le metodologie agili e gli strumenti DevOps forniscono le risposte giuste, ma occorre trasferire queste innovazioni anche nel mondo dei mainframe. Noi abbiamo acquisito lo scorso anno un’azienda come Ispw per poter offrire ai clienti strumenti utili per automatizzare molte operazioni e ottimizzare le capacità di visualizzazione del codice”, spiega Chris O’Malley, presidente e Ceo di Compuware, vendor che continua a difendere “a oltranza” il mainframe. Per diversi motivi.

“Intanto, l’unico costruttore rimasto, ovvero Ibm, continua a fare profitti in quest’area. Il codice e i dati oggi presenti sui mainframe sono i più preziosi per le aziende che li utilizzano. Le capacità transazionali, di scalabilità, performance e sicurezza non sono eguagliabili. Basti pensare che una società che gestisce carte di credito può elaborare 70mila transazioni al secondo e, in generale, il volume di transazioni Cics (Customer Information Control System, ndr) è ancora infinitamente superiore a ricerche Google, tweet, visualizzazioni Youtube e like su Facebook combinati insieme”, aggiunge O’Malley.

Che prosegue. “Cambiare sarebbe troppo rischioso, costoso e oneroso in termini di tempo. Certamente, nell’era digitale le idee devono rapidamente tradursi in ricadute sui clienti e questo comporta aggiornamenti che adattino la piattaforma alle esigenze di velocità richieste dal business”. Ed è qui che entrano in gioco le metodologie agili e gli strumenti DevOps.

 

Chris O' Malley, presidente e Ceo di Compuware

 

“Utilizzare processi agili è anche un modo per imparare a creare veri e propri laboratori dove tradurre le idee nella pratica, potendo fare gli adeguati test ed effettuare correttivi in modo continuativo”, sottolinea il numero uno di Compuware. “Realtà come le banche, impegnate nell’integrazione dei nuovi canali digitali, hanno già capito che devono dotarsi di strumenti di product management per far sì che gli sviluppatori possono dare fondo alle proprie idee e produrre risultati in tempi rapidi. Certamente, bisogna sopportare anche reazioni inizialmente poco inclini al cambiamento”.

Ma quali sono i limiti più rilevanti ancora da superare per avvicinare mainframe e DevOps? “Tradizionalmente, i team di sviluppo impegnati sul fronte distribuito o su quello della mobility lavorano in silos ancora ben separati da quelli dedicati ai mainframe. Le caratteristiche di questi ultimi possono rappresentare un ostacolo e a questo si aggiunge il problema delle competenze, poiché non si è creata continuità nel tempo sul fronte legacy e gli esperti rimasti sono prossimi alla pensione o ci sono già andati”, spiega O’Malley.

“Un ponte fra i due ambienti è stato gettato, in questi anni, da molti Isv, che per primi hanno adottato processi di sviluppo agili e hanno creato interfacce e funzionalità Windows-like, capacità di visualizzazione di codice e dati, analisi delle performance con i più comuni linguaggi di programmazione e visibilità nelle interazioni spesso complesse fra i programmi su mainframe. Noi di Compuware lo abbiamo capito e lavoriamo con loro per portare i clienti verso l’innovazione, utilizzando la piattaforma che hanno già e che continua a soddisfarli per molti versi”.

La parola chiave è quindi “cambiamento”, il quale porta un evidente vantaggio competitivo anche sugli altri player presenti sul mercato, vale a dire Ibm e Ca Technologies. “Nessuna delle due sta compiendo i passi necessari per far evolvere in mainframe nella direzione che abbiamo fin qui descritto. Noi, invece, abbiamo effettuato una importante trasformazione dei nostri strumenti negli ultimi nove trimestri per allineare meglio i due mondi. La loro offerta è complessa, mentre le evoluzioni attuali vanno in direzione della semplicità d'uso. Inoltre, bisogna accettare che molto oggi deriva dal mondo open source e occorre integrarsi anziché fare concorrenza”.

 

Tag: compuware, mercati, mainframe, devops, Chris O’Malley

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