L’intelligenza artificiale entra sempre di più nelle aziende, dentro alle applicazioni, nei collegamenti tra esse e gli strumenti e servizi di AI esterni, nelle logiche di gestione. Lo racconta una nuova indagine di F5, l’annuale “State of Application Strategy Report”, che in questa undicesima edizione ha considerato le risposte di 600 responsabili IT di altrettante aziende. L’evidenza di fondo è che l’adozione dell’AI ha accelerato notevolmente nel corso del 2024: il 96% degli intervistati ha detto che la propria azienda utilizza strumenti di intelligenza artificiale, mentre nel 2023 la percentuale si limitava al 25%.
Ma c’è di più: l’AI sta conquistando centralità, sta diventando un elemento attorno a cui ruotano le operazioni aziendali (dell’IT e non solo). Il 72% degli intervistati ha detto di volerla usare per ottimizzare le prestazioni delle applicazioni, il 59% ne sostiene l’utilizzo sia nella riduzione dei costi sia nell’applicazione automatica di regole di sicurezza, per neutralizzare le vulnerabilità “zero-day”. Oggi, inoltre, metà delle organizzazioni utilizza gateway AI per collegare le proprie applicazioni a strumenti di intelligenza artificiale, e un ulteriore 40% prevede di farlo nell’arco di dodici mesi dal sondaggio. L’AI viene utilizzata soprattutto per proteggere e gestire gli stessi modelli di intelligenza artificiale (nel 62% delle aziende), per attività di controllo centralizzato (55%) e per evitare la fuga di dati sensibili (55%).
“Il report di quest’anno mostra che i responsabili IT stanno acquisendo fiducia nell’integrare l’AI nelle operazioni”, ha commentato Lori MacVittie, distinguished engineer di F5. “Ci stiamo rapidamente avvicinando a un momento in cui all’intelligenza artificiale verrà affidata la gestione autonoma del cuore operativo delle aziende, generando e distribuendo codice in grado di ridurre i costi, aumentare l’efficienza e affrontare i problemi di sicurezza. Questo è ciò che intendiamo quando parliamo di AIOps, e sta diventando realtà”.
Fiducia e scetticismi sull’AI
Se da un lato cresce la fiducia nei confronti delle capacità e dei vantaggi dell’AI, dall’altro esistono ancora timori sui potenziali rischi che questa tecnologia si porta dietro. In particolare, il 34% degli intervistati mostra diffidenza verso gli output generati dall’AI per via del rischio di pregiudizi (bias) o allucinazioni, e la percentuale è leggermente in crescita sul 27% del report dell’anno scorso.
Oltre ai timori sulla sicurezza e sull'affidabilità dell’AI, le aziende coltivano scetticismi o pessimismo sulla facilità di adozione. Il 54% dei responsabili IT pensa che la carenza di competenze sia un ostacolo all’adozione, mentre per il 48% (versus 42% dell’anno precedente) i costi di costruzione e gestione dei carichi di lavoro AI sono un problema crescente. Anche le API (Application Programming Interface) sono un’area critica per il 58% degli intervistati, con casi estremi di responsabili IT che impiegano fino alla metà del proprio tempo a gestire configurazioni complesse che coinvolgono numerose API e linguaggi.
La qualità dei dati resta un altro tema critico, almeno quella percepita, anche se su questo fronte si registra un qualche miglioramento. Il 48% dei responsabili IT non è convinto della qualità dei dati usati dall’intelligenza artificiale, percentuale comunque in calo rispetto al 56% dell'anno scorso.
“Le organizzazioni devono puntare a semplificare e standardizzare le operazioni, ottimizzando API, tecnologie e attività”, ha sottolineato MacVittie. “È necessario comprendere inoltre che i sistemi di intelligenza artificiale sono particolarmente adatti a gestire la complessità in modo autonomo, generando e applicando policy o risolvendo problemi nei flussi di lavoro. La semplicità operativa non è solo un prerequisito per l’AI, ma è anche qualcosa che l’AI stessa può contribuire a realizzare”.
Architetture ibride, presenti e future
F5 fa notare come l’adozione dell’intelligenza artificiale si accompagni una crescente dipendenza dalle architetture cloud ibride. Il 94% delle organizzazioni coinvolte in questo studio distribuisce le proprie applicazioni su più ambienti, tra cui cloud pubblici, cloud privati, data center on-premise, edge computing e strutture di colocation, e lo fa per rispondere a esigenze diversificate in termini di scalabilità, costi e compliance.
La maggior parte dei responsabili IT crede che gli ambienti ibridi siano fondamentali per la flessibilità operativa e otto su dieci (79%) hanno recentemente ritirato almeno un’applicazione dal cloud pubblico, per riportarla on-premise o in un ambiente di colocation (scelta dovuta a considerazioni di sicurezza o di controllo e prevedibilità dei costi). Le strategie di deployment dei carichi di lavoro di AI riflettono questo scenario e lo confermano anche in futuro: il 51% prevede di utilizzare modelli di AI sia in cloud sia on-premise anche nei prossimi anni.
“Distribuire applicazioni su ambienti e cloud provider diversi può generare complessità, ma i vantaggi di una strategia cloud-agnostica sono troppo significativi per essere ignorati”, ha fatto notare Cindy Borovick, director of market and competitive intelligence di F5. "È ormai evidente che l’approccio ibrido è destinato a durare”.