09/09/2022 di Redazione

Google, Twitter e le accuse di “mazzette” per non perdere il potere

Secondo indiscrezioni, Twitter avrebbe pagato 7 milioni di dollari in cambio del silenzio di un whistleblower legato alla disputa con Elon Musk. Intanto il Dipartimento di Giustizia statunitense indaga su Google.

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Google e Twitter al centro di indiscrezioni e accuse a base di “mazzette” tese a non perdere mercato, in un caso, e a vincere la contesa legale in corso con Elon Musk nell’altro. Partiamo da qui: secondo fonti confidenziali del Wall Street Journal, Twitter avrebbe elargito una somma di 7 milioni di dollari a Peiter "Mudge" Zatko, informatico ed ex dirigente della società (era a capo della cybersicurezza), in cambio del suo silenzio.

Zatko, licenziato da Twitter lo scorso gennaio, qualche settimana fa ha depositato delle dichiarazioni scottanti: l’azienda, a suo dire, avrebbe mentito nell’affermare di avere un piano di cybersicurezza solido. In particolare, Twitter non sarebbe sufficientemente attrezzata contro gli hacker, i bot e gli account di spam che affollano la piattaforma.

La questione sarebbe rilevante in sé, ma lo è ancora di più perché proprio sulla presenza di account falsi e di spam si è basata (almeno a parole) la marcia indietro di Elon Musk nella promessa, poi revocata, di acquisire Twitter per 44 miliardi di dollari. Le dichiarazioni di Zatko sembrerebbero supportare la posizione di Musk, e dunque l’azienda avrebbe sborsato 7 milioni di dollari in cambio del silenzio del whistleblower. Tuttavia è curioso il fatto che tali dichiarazioni siano state rilasciate dopo il presunto “accordo”.  Ogni condizionale per ora è d’obbligo, ma qualcosa verrà chiarito dopo che, il prossimo 13 settembre, l’ex dipendente incontrerà la Commissione Giudiziaria del Senato statunitense per rispondere in merito alla vicenda.

 

 

Intanto un’altra vicenda legale vede protagonista Google. Per la società di gruppo Alphabet, lo strapotere nel mercato delle ricerche Web non sarebbe soltanto il frutto delle giuste scelte strategiche e dell’ottima tecnologia alla base di Google Search: il Dipartimento di Giustizia statunitense accusa l’azienda di abuso di posizione dominante.

L’accusa di violare le regole della concorrenza non certo inedita, perché negli anni Google ha fronteggiato (in tribunale e nell’arena mediatica) numerose situazioni simili, riguardanti di volta in volta la piattaforma di advertising, il motore di comparazione prezzi o l’ecosistema Android. E già nel mese scorso erano circolate indiscrezioni su un’altra causa antitrust che il Dipartimento di Giustizia sarebbe sul punto di presentare.

Ora, riporta Bloomberg, nell’esposto depositato a un tribunale federale il Dipartimento accusa Google di versare “miliardi di dollari all’anno” (la cifra esatta non è stata svelata) a società come Apple, Samsung e altri colossi delle telecomunicazioni. Mazzette finalizzate a garantire che Google Search continui a essere il motore di ricerca predefinito nei browser pre-installati sugli iPhone e sui telefoni di Samsung. 

Una simile accusa era al centro della causa avviata contro Google dal Dipartimento di Giustizia nel 2020: anche in quel caso il dito era puntato contro l’installazione di Google Search come motore di ricerca predefinito. Questa volta però si parla anche di soldi, usati come mezzo di convincimento all’interno di patti commerciali. Ora, a detta di altre indiscrezioni del Wall Street Journal, per evitare un secondo procedimento legale Google avrebbe cercato un accordo con il Dipartimento di Giustizia proponendo di scorporare dalla società le attività di gestione delle aste e collocamento della pubblicità online sulle piattaforme possedute da Alphabet. Il caso è tutto in divenire.

 

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