25/11/2015 di Redazione

Il giudice non asseconda Oracle, la causa con Google va avanti

Il tribunale distrettuale di San Francisco ha rigettato la richiesta di considerare di parte il professor James Kearl, chiamato nel ruolo di esperto per il processo che contrappone Oracle e Google. Oggetto del contendere: l’utilizzo delle Api di Java per

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L’esperto non si tocca. Il giudice della corte distrettuale di San Francisco, William Alsup, non ha alcuna intenzione di creare intoppi e rallentamenti nel processo che vede contrapposte Google e Oracle, il cui oggetto del contendere è Java. Una vicenda annosa, che la scorsa settimana si era complicata dopo la richiesta di Oracle di rimuovere il professor James Kearl dal ruolo di esperto super partes. Kearl, un luminare in economia che attualmente lavora alla Brigham Young University, è stato chiamato dalla corte distrettuale per valutare l’entità del danno economico subito da Oracle. Nelle accuse di quest’ultima, Google avrebbe utilizzato indebitamente le interfacce di programmazione di Java per realizzare parti della piattaforma Android, dal 2010 in poi.

In una mozione presentata a metà ottobre, la società di Santa Clara chiedeva di non fare ricorso all’opinione del professor Kearl, in quanto costui avrebbe già palesato la propria “propensione” a favore dell’universo Android in un altro processo, quello fra Apple e Samsung. In tale contesto, l’esperto si era limitato a valutare al ribasso l’entità del danno economico derivato alla Mela dall’uso di alcuni brevetti all’interno dei terminali Samsung. A fine mese, poi, il giudice Alsup aveva già espresso la propria opinione, opposta a quella di Oracle, affermando che “non esiste alcuna ragione per credere che il Dott. Kearl favorirà Google” e che la sua eventuale sostituzione avrebbe ritardato di un anno e mezzo l’iter processuale. 

La nuova puntata della telenovela è sostanzialmente una conferma di questa posizione. Lunedì il giudice ha formalmente respinto la mozione, con una nota che recita: “Oracle non ha indicato una singola affermazione mai pronunciata dal Dott. Kearl, nella causa di Apple o in qualsiasi altra occasione, riguardante Android o Google, né alcuna affermazione che possa screditare il suo ruolo” nel processo in corso. Le analisi fatte in relazione ai brevetti Apple e ai dispositivi di Samsung, inoltre, non avrebbero alcuna attinenza con la querelle fra Oracle e Google. Quest’ultima – come giudice non ha mancato di sottolineare – non ha contribuito in alcun modo a influenzare il giudizio del professore della Brigham Young University. Insomma, in parole povere, non ha fornito alcuna “assistenza finanziaria” all’esperto.

 

James Kearl, il professore contestato da Oracle

 

Si va avanti, dunque, e senza più possibili diversivi Oracle dovrà ora dimostrare di aver subito un furto di proprietà intellettuale per 37 Api di Java impiegate da Google dal 2010 in poi. Lo stesso giudice Alsup nel 2012 aveva stabilito che tali interfacce non potevano essere considerate soggette al copyright (bensì utilizzabili in base al principio del “fair use”), decisione poi però ribaltata pochi mesi dopo in appello. Google si era dunque rivolta alla Corte Suprema degli Stati Uniti, la quale aveva rifiutato il caso, rimbalzandolo nuovamente alla corte distrettuale. Ora si gioca dunque il secondo tempo della partita, a squadre quasi invariate. La richiesta di Oracle, se accolta, potrebbe costare a Google “diversi miliardi di dollari di risarcimento”, ha ipotizzato il giudice.

 

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