21/10/2022 di Redazione

Il Texas contro Google per la raccolta di dati biometrici

Il procuratore generale accusa l’azienda di aver raccolto immagini e registrazioni audio senza consenso tramite Google Photo, l’assistente vocale e gli smart display Nest.

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Google avrebbe raccolto i dati biometrici di milioni di cittadini americani senza il loro consenso: è questa l’ultima accusa indirizzata alla società del gruppo Alphabet. Lo Stato del Texas ha fatto causa a Google per aver ottenuto dati immagini del volto, registrazioni della voce e altri dati biometrici di milioni di residenti che non avevano espresso alcuna autorizzazione. La raccolta sarebbe avvenuta tramite il servizio Google Photos, l'assistente virtuale Google Assistant e lo smart display Nest Hub Max.

Da più di un decennio nello Stato Usa la raccolta di dati biometrici è vietata, a meno che le aziende non ottengano il consenso informato dei diretti interessati. “Con sfacciato disprezzo della legge”, si legge nell’esposto firmato dal procuratore generale Ken Paxton, “almeno dal 2015 Google ha raccolto dati di innumerevoli texani e ha usato i loro volti e le loro voci a fini commerciali. In tutto lo stato, ogni giorno, i texani sono diventati inconsapevolmente delle mucche da mungere per alimentare i profitti di Google”.

“La raccolta indiscriminata dei dati biometrici di milioni di cittadini del Texas”, ha aggiunto Paxton, “non verrà tollerata dalle autorità, né per Google né per altre aziende”  “Continuerò a combattere le Big Tech e ad assicurare la privacy dei texani".

L’azienda di Mountain View ha replicato sottolineando che gli utenti di Photos, Google Assistant e dei prodotti Nest hanno facoltà di disattivare la funzione di raccolta dati. “Il procuratore generale Paxton ancora una volta sta dando un’immagine distorta dei nostri prodotti in un’altra causa mozzafiato”, ha dichiarato Jose Castaneda, public policy manager di Google. “Chiariremo le cose in tribunale”.

Non è certo la prima volta che Google riceve riguardanti presunte violazioni di privacy. Anche in Arizona, per esempio, era stata accusata di irregolarità nella raccolta e gestione dei dati personali: in quel caso la società ha preferito patteggiare, due settimane fa, il pagamento di un multa da 85 milioni di dollari pur di evitare il tribunale. All’inizio dell’anno, invece, i procuratori generali di Texas, Indiana, Stato di Washington e District of Columbia hanno fatto causa a Google per aver raccolto in modo non trasparente dati di geolocalizzazione.

 

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