Dopo la corsa all’intelligenza artificiale, che ovviamente prosegue, è cominciata anche la corsa al quantum computing? Di certo le dimensioni del mercato sono molto diverse, ma la frequenza degli annunci riflette un’accelerazione di interessi e investimenti da parte delle Big Tech. La scorsa settimana Google ha annunciato un nuovo algoritmo, Quantum Echoes, che può accelerare enormemente le attività di calcolo, rendendole anche fino a 13mila volte più veloci rispetto a quanto possibile su un supercomputer.
Quantum Echoes è pensato per lavorare con Willow, il processore quantistico annunciato da Google l’anno scorso. A detta dell’azienda, queste tecnologie in futuro permetteranno di realizzare attività oggi non gestibili da un sistema di High Performance Computing, come la misurazione delle strutture molecolari e l’identificazione di nuovi tipi di materiali.
A questa novità di Google ha fatto seguito, pochi giorni dopo, un annuncio di Ibm: l’azienda è riuscita a utilizzare componenti di calcolo di Amd normalmente disponibili sul mercato per eseguire un algoritmo di correzione degli errori. Come noto, gli attuali computer quantistici presentano un elevato tasso di errore, dovuto principalmente alla natura dei qubit, molto soggetti a “disturbi ambientali” e all'incoerenza. Le tecniche di quantum error correction servono proprio a proteggere le informazioni contenute nei qubit da errori e incoerenze.
Lo scorso giugno Ibm aveva annunciato di aver sviluppato un algoritmo deputato proprio a questa attività. Ora, svela Reuters, in una nuova ricerca l’azienda ha illustrato come gli algoritmi di correzione degli errori possano essere eseguiti in tempo reale su componenti FPGA (array di gate programmabile su campo) di Amd. Ciò rappresenta un passo in avanti verso la disponibilità di Pc quantistici “commerciali”.
Detto altrimenti, usare chip già disponibili sul mercato per attività di correzione degli errori comporta enormi vantaggi di facilità, tempistica e sostenibilità economica delle implementazioni di casi d’uso di calcolo quantistico. A detta di Jay Gambetta, direttore della ricerca di Ibm, il risultato è stato ottenuto con un anno di anticipo rispetto ai piani dell'azienda. Sempre secondo Gambetta, il nuovo studio dimostra non solo che gli algoritmi di Ibm funzionano nel mondo reale, fuori dai lavoratori, ma che possono funzionare su piattaforme di calcolo non “ridicolmente costose”. I tempi di implementazione, inoltre, si riducono drasticamente, anche di dieci volte.
Con la propria offerta di hardware, software e servizi, e con le attività di studio sul tema portate avanti con università ed enti di ricerca, Ibm si definisce oggi come un forniture full-stack di tecnologie per il calcolo quantistico. L’azienda ha un piano pluriennale sul quantum computing, chiamato Starling, che mira a realizzare entro il 2029 il primo sistema di calcolo quantistico di larga scala tollerante agli errori.