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Intelligenza artificiale in Italia: interesse alto, strategie poche

Un’indagine condotta da The Innovation Group svela che tra le aziende e gli enti pubblici italiani crescono le iniziative di intelligenza artificiale. Pochi, però, la considerano strategica.

Pubblicato il 31 marzo 2021 da Valentina Bernocco

L’intelligenza artificiale in Italia è ancora una promessa realizzata a metà, nonostante la pandemia di covid-19 possa aver agito da acceleratore. L’interesse è in deciso aumento, ma ancora poche aziende considerano questa tecnologia come prioritaria e strategica. Questo il quadro emerso dall’annuale “Digital Business Transformation Survey” di The Innovation Group, dedicata al più ampio tema della trasformazione digitale. In questa edizione è stato interpellato un campione di manager line of business e di responsabili IT appartenenti a 181 realtà, fra imprese private di vari settori e dimensioni ed enti della Pubblica Amministrazione, interpellati nell’ambito della propria ricerca.

L’interesse rivolto all’intelligenza artificiale e al machine learning (due categorie distinte, ma affini) è in sensibile crescita:  l’anno scorso, nella precedente edizione della survey,  il 22% delle aziende del campione aveva già lanciato iniziative riguardanti tali tecnologie o ne progettava l’avvio entro dodici mesi; quest’anno la percentuale è salita al 33%. Di tutte le tecnologie utili ai fini della digital transformation, la categoria di AI e machine learning è quella che ha registrato il maggior incremento in termini di investimenti già realizzati o pianificati (al secondo posto, con un incremento del 39%, si piazzano le soluzioni per i Big Data). A inizio 2021 circa il 38% delle organizzazioni incluse nel campione già utilizzava soluzioni di intelligenza artificiale, mentre il 48% dichiarava di volerlo fare nel breve termine (entro un anno) e solo il 20% la escludeva dai progetti futuri. 

 

L’intelligenza artificiale è ancora ai margini delle strategie

Nonostante la crescita degli investimenti registrata nell’ultimo anno, attualmente per tre aziende su quattro l’intelligenza artificiale riveste a un ruolo marginale o addirittura è del tutto assente nelle proprie strategie di innovazione digitale. Soltanto per il 25% degli intervistati ha un ruolo abbastanza (12,5%) o molto importante (12,5%) come fattore di innovazione digitale. Ma molto diverso è lo scenario futuro immaginato dai manager italiani: il 75% scommette che fra cinque anni l’AI conterà molto (37,5%) o moltissimo (37,5%) ai fini della trasformazione digitale della propria azienda. 

 

Oggi come oggi, in Italia l’intelligenza artificiale è sfruttata soprattutto per attività di servizio ai clienti (o utenti), all’interno di applicazioni chatbot e call center: fra chi ha progetti in corso, il 67% delle aziende o enti pubblici la usa a tal fine. Seguono, fra gli ambiti di adozione più popolari, la ricerca e sviluppo (40%), le risorse umane (29%, per attività di selezione del personale), la logistica e distribuzione (25%, per robotica e ottimizzazione del magazzino), l’analisi del rischio o della compliance  (25%), le vendite (25%), il marketing tradizionale o digitale (20%), la produzione o supply chain (20%, per manutenzione predittiva o controllo). C’è poi un vuoto ancora da colmare: non si osserva, nel campione dell’indagine, nessuna applicazione nell’ambito del procurement. Un settore in cui l’AI potrebbe invece aiutare a ottimizzare i riassortimenti, il pricing e il controllo qualità.

 

 

Vantaggi e svantaggi nell’uso dell’AI

Di gran lunga, il principale beneficio sperimentato da chi fa uso dell’intelligenza artificiale è l’incremento di efficienza e velocità delle attività aziendali: cita questo elemento il 68% degli intervistati. Il 58% segnala, invece, il miglioramento dei processi decisionali, il 32% la riduzione degli errori manuali e quote analoghe la riduzione dei costi e il miglioramento dell’esperienza dei clienti, e ancora il 21% pensa che l’intelligenza artificiale possa aiutare l’azienda ad ampliarsi su nuovi mercati. Solo il 16% crede che l’automazione derivata dall’AI debba servire per ridurre l’organico e appena l’11% pensa che migliorarerà la qualità del lavoro. 

 

Tra le critiche mosse alle soluzioni di AI in uso, invece, la più frequente (47%) è quella di essere troppo generiche, non specifiche per il settore industriale; seguono, tra i rischi citati, l’assenza di personalizzazione (37%), la scarsa accuratezza che può sfociare in errori (32%), le difficoltà di utilizzo da parte dei dipendenti (21%), l’eventualità di tagli dei posti di lavoro (16%) e di un servizio clienti di inferiore qualità (16%). Come si nota, questi possibili rischi vengono menzionati da modeste percentuali degli intervistati, fatta eccezione per il primo (che è comunque un difetto risolvibile, probabilmente, con il tempo e con la maggiore maturità delle soluzioni). Tutto sommato, dall’indagine di The Innovation Group l’intelligenza artificiale esce promossa, pur mostrando tutti i segni di un’adozione ancora parziale e immatura da parte delle aziende italiane. 

 

 
Tag: scenari, aziende, the innovation group, investimenti, machine learning, intelligenza artificiale, trasformazione digitale

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