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La Ue scaglia un martello da 13 miliardi in testa ad Apple

La Mela deve saldare i conti con il fisco irlandese, da cui ha ricevuto trattamenti troppo favorevoli per oltre dieci anni: è questa la decisione dei commissari di Bruxelles, che hanno parlato di “aiuti di Stato illegali”. Ma la cifra potrebbe abbassarsi in quanto sia la Mela sia Dublino faranno ricorso.

Pubblicato il 30 agosto 2016 da Alessandro Andriolo

L’Unione Europea ha messo nero su bianco la propria “dichiarazione di guerra” ad Apple. Infrangendo tutte le previsioni e le attese della vigilia, Bruxelles vuole che la Mela versi 13 miliardi di euro al fisco dell’Irlanda, Paese dove ha sede la filiale europea dell’azienda, per pareggiare i conti e ripianare l’ammanco totalizzato dal 2003 al 2014. Si tratta di una cifra record, anche se non ancora definitiva in quanto è prevedibile che sia Apple sia Dublino facciano subito ricorso. Secondo le accuse della Commissione, fino al 2003 il colosso californiano avrebbe pagato l’un per cento di tasse sui propri profitti europei, per scendere poi addirittura allo 0,005 per cento: un trattamento fiscale di tutto rispetto, nettamente superiore rispetto alle già consistenti agevolazioni concesse dall’Irlanda alle aziende che scelgono l’isola come sede legale nel Vecchio Continente (attualmente nel Paese è in vigore una tassazione del 12,5 per cento).

Il verdetto della Commissione è arrivato dopo tre anni di indagini sulle attività della Mela in Europa e i burocrati di Bruxelles non sembrano avere dubbi: in un documento di 130 pagine parlano di “aiuti di Stato illegali”, che avrebbero permesso alla società a stelle e strisce di far gonfiare a dismisura i propri profitti europei. “I Paesi membri non possono elargire benefici fiscali selettivi ad alcune aziende: questa non è una multa, si tratta di tasse che vanno pagate, ha spiegato in conferenza stampa Margrethe Vestager, commissario per l’antitrust già nota per la “battaglia” contro Google.

Nei giorni scorsi il “caso Apple” aveva scatenato anche un’aspra diatriba tra Bruxelles e Washington. Gli Stati Uniti avevano infatti ammonito il governo comunitario, accusandolo di essere in procinto di trasformarsi in una “autorità sovranazionale in tema fiscale” e di minacciare in questo modo “gli accordi internazionali in materia”. Washington si era prodigata per dissuadere la Commissione dal punire la Mela e il dipartimento del Tesoro si era anche detto pronto a “valutare risposte adeguate” in caso non ci fosse stato un cambio di rotta.

 

 

Ma gli strali lanciati da oltreoceano non hanno intimidito a quanto pare i funzionari europei, che sono andati avanti per la propria strada. Al centro dell’indagine di Bruxelles ci sono due “tax ruling”, firmati nel 1991 e nel 2007, e soprattutto il metodo cosiddetto “double Irish”: strategia fiscale con cui Cupertino riusciva appunta ad abbattere la barriera del 12,5 per cento imposta dal Paese nordeuropeo.

Il meccanismo di Apple, molto ben rodato, prevede due differenti società: una con sede in Irlanda adibita a fatturare i proventi dei diversi Paesi europei e una seconda, sempre basata nell’isola atlantica, ma con effettiva sede legale in un paradiso fiscale. Ed è proprio questa seconda compagnia la titolare dei diritti intellettuali di Apple e a cui finisce praticamente la totalità dei denari incassati. Grazie a questo meccanismo, nel 2013 la Mela ha pagato per esempio 1,1 miliardi di dollari di tasse nel resto del mondo (pari al 3,7 per cento del fatturato), contro i 19 miliardi versati nelle sole casse statunitensi (61%).

 

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