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Le immagini dei satelliti trovano casa nel cloud di Ovh

I data center di Ovh ospiteranno i dati del progetto Galileo dell’Agenzia Spaziale Europea. Il sistema satellitare osserverà la Terra producendo 10 Petabyte all'anno di immagini geografiche, termiche e di altro tipo.

Pubblicato il 24 luglio 2018 da Redazione

 

Scendono sul pianeta Terra, anche se - a dirla con una metafora – volano nel cloud. Sono i dati di Copernicus, il programma di osservazione della Terra lanciato nel 2001 dalla Commissione Europea e dall’Agenzia Spaziale Europea (Esa): una volta posizionati tutti i trenta satelliti in programma, il sistema sfornerà circa 10 Petabyte all’anno di informazioni non strutturate, tra immagini geografiche, termiche e file di altro tipo. Al momento sette dei trenta satelliti “Sentinel” sono già stati progettati e messi in orbita. Il sistema Gmes (Global Monitoring for Environment and Security) permetterà di osservare il Pianeta e le sue evoluzioni da moltissimi punti di vista: monitorare i cambiamenti nell’occupazione del suolo, definire le variabili bio-geofisiche della superficie terrestre, prevedere le condizioni degli oceani, fornire assistenza nella gestione di crisi in aree colpite da disastri naturali o industriali, monitorare la composizione chimica e la qualità dell’aria, riesaminare le principali variabili climatiche e sviluppare strumenti per la creazione di servizi meteo.

 

Ma per i 10 Petabyte di dati servirà una casa, cioè risorse di archiviazione, calcolo e rete, che per una “impresa spaziale” di questo tipo, è il caso di dirlo, dovranno essere estremamente scalabili. A fornire tutto questo saranno la francese Ovh e il suo partner Serco Italia: il primo metterà a disposizione l’infrstruttura cloud, il secondo (attraverso la sede italiana, specializzata in servizi) esperti e ingegneri di alto livello.

 

Ovh e Serco figurano tra i quattro consorzi industriali selezionati dall'Esa per rendere disponibili i dati su cloud pubblico. Il requisito della scalabilità è centrale, ma non l'unico. Sulla scelta del provider francese hanno influito due elementi: la riservatezza delle informazioni garantita da Ovh (i data center risiedono in aree non soggette al Patriot Act/Freedom Act) e la volontà di utilizzare una soluzione non proprietaria, cioè OpenStack. Come spiegato da Yoann Lamoureux, il solution Architect di Ovh responsabile del progetto, “il framework OpenStack su cui è basato il public cloud è diventato un punto di riferimento per lo sviluppo dei progetti su larga scala. Ovh, che ha scelto Openstack fin dal 2012 per sviluppare la sua offerta, ha grandi competenze in merito. La soluzione non ha limiti di spazio e, grazie a una tripla replica dei dati, ne garantisce la continuità. Infine, la natura standard della soluzione offre agli utenti libertà a livello tecnologico, potendo controllare le proprie implementazioni tramite Api molto apprezzate dagli sviluppatori”.

 

 

Le immagini trasmesse dai satelliti europei saranno messe gratuitamente a disposizione di utenti e sviluppatori attraverso una piattaforma digitale di open data, progettata da Serco Italia, e potranno essere veicolate da software house e startup. Potranno certamente interssare a geologi e meteorologi, ma anche a un più apio bacino di aziende di settori come trasporti, agricoltura, energia e pianificazione urbana. Grazie alle interfacce Api, inoltre, i dati del sistema satellitare potranno integrarsi con altre fonti esterne.

 

Tag: cloud, scienza, Ovh, Galileo

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