Qualcuno già le utilizza, altri temporeggiano, ma quasi tutti sono interessati o attratti. Le tecnologie basate sul machine learning, l'apprendimento artificiale, sono sicuramente tra i pensieri delle aziende (se non già all'interno delle loro investimenti e strategie) e anche tra quelli dei chief information officer. Tra i 500 intervistati telefonicamente da Oxford Economics, nell'ambito di un'indagine svolta per conto di Service Now, la maggioranza ha mostrato verso il machine learning un'atteggiamento favorevole, aperto o almeno incuriosito. E soltanto l'11% di questo variegato campione (gli intervistati appartengono ad aziende di vari settori e ubicate in Australia, Austria Francia, Germania, Nuova Zelanda, Olanda, Regno Unito, Singapore, Spagna, Svezia e Stati Uniti) ha detto di non aver alcun progetto di utilizzo futuro di questa tecnologia.
Il restante 89% è composto da aziende che già usano al loro interno tecnologie di apprendimento automatico in modo estensivo (appena il 3%) o in “alcune aree” del business (20%), da chi sta conducendo qualche sperimentazione (26%) o si sta informando sul tema e decidendo come approcciarlo (40%). I gradi di adozione e avvicinamento a questa promettente area dell'intelligenza artificiale, insomma, variano molto da azienda ad azienda. Ma ciò che più colpisce è come appena poco più di una su dieci si disinteressi apertamente a questo tema.

(Infografica: Service Now, "The Global Cio Point of View")
Quando si parla, però, di impegno economico, le percentuali cambiano sensibilmente. Attualmente il 35% delle organizzazioni coinvolte nel sondaggio ha già effettuato investimenti di una qualche sostanza (la percentuale è la somma di chi ha indicato “grandi investimenti”, “sostanziali investimenti”, “un qualche investimento”), mentre una porzione analoga si è finora limitata a spendere piccoli budget. Nell'arco di tre anni, comunque, la percentuale di chi farà investimenti non irrisori salirà al 63%.
Per che cosa è utilizzato il machine learning? Gli impieghi più frequenti, già realizzati o nei progetti dei Cio, riguardano l'automazione di molte procedure e attività aziendali (citata dal 68% del campione), l'analisi dei dati al fine di individuare ricorrenze e schemi (40%), lo studio delle correlazioni fra eventi (32%), l'apprendimento automatico con supervisione (32%), la capacità di tracciare previsioni (31%) e quelle di prendere decisioni di business (18%).
In Europa siamo a buon punto. Il 48% dei Cio europei interpellati ha affermato di essere già oltre l’automazione delle attività di routine (come per esempio gli alert di sicurezza) e di puntare a rendere automatiche le decisioni più complesse (ad esempio, la risposta agli incidenti di sicurezza), mentre il 42% delle aziende sta pianificando l'adozione di strumenti di machine learning. Un sostanzioso 65%, invece, ritiene che le decisioni prese attraverso essi siano più accurate di quelle prese dalle persone, e un quasi analogo 63% si aspetta che l’automazione dei processi decisionali contribuisca alla crescita della propria azienda.

Non mancano comunque alcuni ostacoli nel percorso che dovrà portare a un'adozione più estesa e più fruttuosa del machine learning. C'è innanzitutto un problema di saperi e di abilità: solo il 29% dei Cio europei ha assunto personale esperto di strumenti di machine learning, mentre il 43% si lamenta per la mancanza di competenze nella gestione delle macchine intelligenti. Un quasi analogo 46%, invece, cita problemi di budget, mentre circa un chief information officer su due nomina barriere di natura tecnlogica (la scarsa qualità dei dati, di cui parla il 50% degli intervistati) od organizzativa (i processi aziendali antiquati, 46%).