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Smart working o ufficio? Gli italiani preferiscono il lavoro ibrido

Una ricerca condotta da Censuswide per conto di Okta svela che in Italia solo il 22% degli impiegati e delle impiegate d’azienda vorrebbe tornare al lavoro in presenza a tempo pieno.

Pubblicato il 06 settembre 2021

L’era del lavoro ibrido, un po’ in ufficio e un po’ da casa in smart working, è iniziata e non sarà un fuoco di paglia. Ne sono convinti molti fornitori di tecnologie utili per la collaborazione, le comunicazioni e la produttività a distanza e la loro convinzione si basa sui dati di numerose ricerche sul tema della “nuova normalità” condotte nell’ultimo anno e mezzo un po’ in tutto il mondo, e citiamo per esempio quella di Forrester Research. Una nuova conferma arriva da un sondaggio realizzato da Censuswide per conto di Okta, nel quale sono state coinvolti diecimila impiegati d’azienda di otto Paesi europei, cioè Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Svezia e Svizzera, e appartenenti a dodici settori.

 

Lo studio, titolato “Il futuro dello smart working”, riassume quanto emerso da interviste realizzate nel corso di 14 mesi, che dunque fotografano uno scenario post pandemico in via di consolidamento. E pare che, dopo l’esperienza dei lockdown e del lavoro a distanza esteso a tutta o a parte della settimana, i dipendenti si siano abituati alla flessibilità di tempi e luoghi di quello che Okra chiama “lavoro asincrono”. E non vogliano più tornare indietro.

 

Sul totale degli intervistati italiani (482 donne e 521 uomini), soltanto il 22% potendo scegliere tornerebbe in ufficio a tempo pieno, cinque giorni a settimana, ma si limita al 20% anche la percentuale di chi preferirebbe lavorare solo in smart working. La modalità preferita, citata dal 42% degli impiegati e impiegate italiani, è quella del lavoro ibrido, un po’ da casa e un po’ in ufficio con i colleghi.

 

Oltre a qualche scostamento percentuale tra uomini e donne, si osservano soprattutto differenze generazionali. Ben il 53% dei giovani italiani, tra i 16 e i 34 anni, accetterebbe di trasferirsi altrove per essere assunti da un’azienda che favorisce il lavoro flessibile, mentre la percentuale crolla al 18% tra chi ha più di 55 anni. Va anche detto che il lavoro asincrono non è una modalità adattabile a tutti i contesti e a tutti i tipi d’azienda, dunque sui risultati dello studio pesano in direzione del lavoro tradizionale settori come la scuola e i servizi finanziari.

 

Il lavoro ibrido dunque piace, ma comporta qualche difficoltà in più sul fronte della sicurezza informatica. Dal sondaggio emerge una certa impreparazione delle aziende italiane a gestire i rischi: il 39% utilizza soltanto le password per proteggere dispositivi e applicazioni, anziché affidarsi a sistemi biometrici (sati soltanto dal 13% delle aziende italiane) o all’autenticazione multi-fattore (dal 28%). I dati di questo studio portano Okra a sottolineare un cambiamento in atto: le aziende devono ridefinire il proprio “spazio di lavoro” mettendo i dipendenti al centro, e facendo in modo che quello spazio e quelle modalità siano attrattive. Specie i più giovani potrebbero scegliere di andare altrove se si sentissero incatenati alle vecchie, rigide modalità di lavoro. 

 

Tag: lavoro, smart working, lavoro ibrido, Okta

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