24/10/2022 di Redazione

Software pirata per risparmiare, le Pmi non disdegnano

Un report di Kaspersky svela che il 24% delle imprese da 50-999 dipendenti è propensa a usare versioni non ufficiali dei software pur di risparmiare. Più virtuose le piccole aziende.

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I software pirata sono duri a morire. Nonostante i vantaggi di completezza, sicurezza e buon funzionamento dei software ufficiali, le aziende continuano a non disdegnare l’utilizzo delle versioni pirata pur di risparmiare. E sorprendentemente, forse, le piccole imprese si dimostrano più virtuose rispetto a quelle di medie dimensioni. A svelarlo è un nuovo studio sponsorizzato da Kaspersky e condotto da Censuswide: hanno risposto al questionario 1.307 imprenditori, proprietari d’azienda e manager di aziende piccole (fino a 49 dipendenti) e medie (da 500 a 999) di Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Turchia, Indonesia, Tailandia, India, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Brasile, Messico e Colombia.

 

Tra le medie imprese, il 24% dei rispondenti si è detto propenso a usare versioni pirata dei software aziendali per ridurre le spese IT, mentre tra le piccole imprese solo l’8% dei dirigenti è  pronto a fare questo passo. In generale, per poter ridurre i costi dell’IT il 15% degli intervistati sarebbe disposto a usare in azienda dei software pirata. I programmi per il project management, il marketing e le vendite sono quelli più a rischio.

 

Queste percentuali, pur minoritarie, non sono da trascurare. E se da un lato rispecchiano una necessità di riduzione delle spese, in linea con i tempi che corrono, dall’altro cozzano con la continua crescita del rischio informatico. I manager e gli imprenditori in sette casi su dieci ne sono consapevoli. Infatti solo il 31% crede che, anche dovendo tagliare i costi dell’IT, l’azienda potrebbe garantire il buon funzionamento dell’IT stesso e la sua sicurezza. Per il restante 69%, invece, il taglio dei costi andrebbe a discapito della cybersicurezza. 

 

Fonte: "Cyber Resililence During a Crisis", Kaspersky, 2022

 

“La mancanza di risorse è una situazione comune per le piccole e medie imprese”, ha commentato Cesare D’Angelo, general manager Italia di Kaspersky, “ma l’uso di un software pirata o violato dovrebbe essere assolutamente evitato se un’azienda si preoccupa della sua sicurezza, della sua reputazione e delle sue entrate. Le copie pirata solitamente contengono Trojan e miners e mancano le correzioni o le patch rilasciate dagli sviluppatori per risolvere le vulnerabilità che potrebbero essere sfruttate dai criminali informatici. Le alternative ufficiali gratuite sono opzioni migliori per chi ha bisogno di risparmiare sull’IT”.

 

Un altro punto debole è la mancanza di visibilità e di controllo sugli accessi. Solo metà degli intervistati sa garantire che nessun ex collaboratore, nuovo assunto o personale non autorizzato possa accedere a servizi cloud o ad account aziendali. 

 

Eppure, nonostante queste lacune, non si può dire che manchi la consapevolezza sui rischi informatici. Il 39% degli intervistati ha detto che un eventuale cyberattacco in azienda verrebbe percepito come una vera e propria crisi, al pari di un netto calo delle vendite (descritto come crisi dal 51% degli intervistati) o di un disastro naturale (40%). 

 

Secondo i rilevamenti del Kaspersky Security Network, in soli otto mesi 9.685 utenti si sono imbattuti in malware e software indesiderati, nascosti dietro le sembianze dei prodotti software più utilizzati dalle piccole e medie imprese. In generale, 4.525 file malevoli o potenzialmente indesiderati sono stati diffusi tramite software per Pmi distribuiti non ufficialmente, compresi quelli piratati.

 

 

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