13/11/2025 di Valentina Bernocco

Appian sfata il mito dell'AI "standalone", il valore nasce nel data fabric

Sul palco di Appian Europe è protagonista l'intelligenza artificiale "seria", che lavora nel backoffice, ancorata ai processi e ai dati aziendali.

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L'intelligenza artificiale è straordinaria ma ha dei limiti, ed è giusto che li abbia: è proprio così che può portare valore alle aziende. “Una volta ogni tanto capita che vengano inventate cose straordinarie, al punto che sappiamo resteranno con noi per molto tempo”, ha esordito Matt Calkins, Ceo, presidente e cofondatore di Appian, dal palco londinese dell'annuale conferenza dedicata alle aziende e ai partner europei. “Inizialmente”, ha proseguito Calkins, “quando la radio è stata inventata, non si pensava che potesse essere usata per fare le cose che fa adesso. Lo stesso vale per l'AI”. Quella che potrebbe sembrare la ormai classica celebrazione dell'intelligenza artificiale, dipinta come tecnologia rivoluzionaria, in realtà sul palco di Appian Europe si è subito dimostrata qualcosa di diverso: un invito a stare con i piedi per terra, ragionando sul valore concreto e misurabile che l'AI può produrre nelle aziende. 

L’adozione non dev'essere una corsa, alimentata dall'hype o dalla paura di perdere un treno su cui magari viaggiano già spediti i concorrenti. A monte di qualsiasi progetto bisogna ragionare sugli obiettivi e capire se e dove l'AI possa generare valore. Allo stesso tempo, non bisogna farsi scoraggiare dalle statistiche, come quella diffusa dal Mit di Boston, secondo cui il 95% dei progetti di GenAI avviati dalle aziende fallisce. Se questo accade, a detta di Appian è perché si sbaglia approccio.

“Abbiamo molta strada da fare per imparare a usare l'AI”, ha proseguito l'amministratore delegato. “Credo questo sia parte di un fraintendimento più ampio, ovvero si pensa che l'AI sia una tecnologia standalone mentre non lo è: deve far parte di qualcos'altro”. Il “qualcos'altro”, ovviamente, sono i dati, ma anche le esistenti applicazioni, i flussi di lavoro, i processi. Per la società di Matt Calkins, il “qualcos'altro” è innanzitutto il Data Fabric, componente essenziale della piattaforma di automazione low-code di Appian. Il “tessuto vivente” del Data Fabric collega non solo fonti di dati in tempo reale ma anche applicazioni e processi, ed è qui che l’intelligenza artificiale si innesta, come capacità integrata e non come prodotto standalone. “L'AI non ha soltanto bisogno di dati: può portare più valore se è legata alle cose di valore, al lavoro importante”, ha rimarcato il Ceo. “In Appian abbiamo passato anni a costruire le tecnologie come il Data Fabric: sono le aree che rappresentano dipendenze naturali per l'AI”. 

Matt Calkins, Ceo e fondatore di Appian

Matt Calkins, Ceo e fondatore di Appian

L’AI “seria” è ancorata ai processi

Forse non è un caso se il quartier generale di Appian si trova a McLean, in Virginia. "La nostra non è un'AI della West Coast, noi veniamo dalla East coast”, ha detto scherzosamente Calkins, alludendo al fatto che correre inseguendo l'ultima novità non è la priorità della sua azienda, mentre nella Silicon Valley l'approccio prevalente pare quello. Al contrario, la trasparenza, il rispetto delle barriere e la conformità all'AI Act sono i principi di “AI responsabile e sicura” seguiti da Appian. "Vogliamo investire in fiducia, e vogliamo proteggere i vostri dati e i vostri asset prima di ogni altra cosa”, ha garantito il Ceo.

Quella di Appian è anche un'AI “seria”, che resta dietro le quinte e rifugge gli effetti speciali. “Che cosa intendiamo per AI seria? Un'AI sostenuta dai processi e dai dati”, ha spiegato Calkins. “Vive in luoghi non glamour, nei processi e negli uffici di backoffice, come nel procurement, nella compliance. Sarei tentato di chiamarli lavori noiosi, ma i risultati che si ottengono con l'AI sono tutt'altro che noiosi”.

Un ottimo caso d'uso per l'AI di Appian sono le attività di gestione e consultazione di documenti: se svolte manualmente, sono dispendiose per le aziende perché portano via al personale molto tempo, e inoltre sono soggette a un elevato rischio di errori. La nuova proposta di Appian è DocCenter, un'applicazione caratterizzata da facilità d'uso (fin dal primo utilizzo), da un'elevata accuratezza (compresa tra il 95% e il 99%) e dal fatto di poter abbracciare l'intero ciclo di gestione dei documenti, anziché la sola lettura.

Tra i clienti di Appian, una società assicurativa australiana ha ottenuto con questa soluzione un'accuratezza del 99% nell'elaborazione dei documenti e, abbandonando i metodi basati su fogli di calcolo, ha velocizzato di 20 volte questi processi; una società di mutui ha reso tre volte più rapidi i processi di auditing; un'azienda sanitaria europea ha automatizzato processi complessi, eliminando l'intervento umano nel 30% dei casi. “Il nostro approccio per l'intelligenza artificiale è portare vero valore”, ha rimarcato Calkins, “lasciando che l'Ai faccia il lavoro noioso”.

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Il percorso di Bnp Paribas Cardif France

C'è poi il caso di Bnp Paribas Cardif France, la compagnia assicurativa del gruppo Bnp Paribas, terza nel mercato francese in termini di clientela. “Negli ultimi cinque anni abbiamo avviato una significativa trasformazione dell'esperienza dei nostri clienti, ottenendo grandi risultati in termini di customer satisfaction e di miglioramento delle operazioni", ha raccontato il chief operating officer, Alexis Pannegeon. 

Nel 2020 la piattaforma di Appian è stata adottata per gestire i flussi di lavoro core, e nei tre anni successivi l'utilizzo è stato esteso a processi verticali. Nell'ultimo biennio è stata realizzata un’ulteriore espansione orizzontale. Grazie all'automazione di diversi processi e alla parallela attività di monitoraggio e tracciamento, è stato possibile migliorare del 50% il Net Promoter Score (un indice di soddisfazione del cliente), ottenere processi totalmente paperless e incrementare l'efficienza operativa del 15%. Il futuro? La società sta valutando di affidarsi maggiormente alla GenAI e agli agenti AI per l'automazione. “Vediamo Appian come a un luogo in cui gli operatori umani e l'AI generativa si incontreranno e interagiranno”, ha detto Pannegeon.

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Le novità di Appian

Anche l'Agentic AI, come altre forme di intelligenza artificiale, per Appian opera all'interno del Data Fabric. Per configurarla e controllarla c'è Agent Studio, un builder che permette di creare nuovi agenti definendo i compiti assegnati, le fonti di dati e gli strumenti a cui gli agenti hanno accesso. Non si tratta però solo di un builder, ma anche di uno strumento per la gestione e l'orchestrazione dei diversi agenti AI in uso. L'applicazione è ora in disponibilità generale, dopo il debutto della versione di anteprima lo scorso aprile. A detta di Appian, l'interesse dei clienti per questo lancio è stato “straordinario” e la totalità dei partecipanti al programma beta giudica Agent Studio “intuitivo” o “molto intuitivo”.

Debutta in disponibilità generale anche Appian Composer, uno strumento per la modernizzazione delle applicazioni, già messo alla prova nella versione di anteprima da 130 aziende clienti. Composer propone un'esperienza d'uso “assistita dall'AI”, con suggerimenti e comandi in linguaggio naturale, e quindi è rivolto non solo al personale IT ma anche a chi non sa scrivere codice. In pochi click è possibile progettare e generare un'applicazione, per poi eventualmente personalizzarla in un secondo momento.

Appian ha anche annunciato miglioramenti generali del suo Data Fabric, che può ora gestire fino a 50 milioni di righe con una velocità di scrittura cinque volte superiore rispetto a quanto possibile con la precedente release. Migliorano anche conformità e sicurezza, grazie alla crittografia trasparente dei dati.

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