Non usate l’intelligenza artificiale per sostituire il lavoro creativo. Ma nemmeno limitatevi a sfruttarla per attività banali, come scrivere un’email. Usatela, piuttosto, per rendere efficienti i processi “core” su cui si regge l’azienda, l'Epr, il servizio clienti, la gestione documentale. Usatela per automatizzare le attività più ripetitive, tagliare i tempi, ridurre gli errori, standardizzare i processi, verificare la compliance, accorciare il time-to-market, scoprire correlazioni e insight. Questa è la visione di Appian su una tecnologia che da tempo fa parte, in varie forme, della sua piattaforma di integrazione dati e programmazione low-code, ovvero il data fabric. Una visione ribadita a Milano, nella tappa italiana del roadshow “Appian Around the World”, che in questi giorni transita anche da Francoforte, Madrid, Parigi e Londra.
“Sono felice di essere di nuovo in Italia, uno dei miei posti preferiti al mondo”, ha esordito l’amministratore delegato, Matthew Calkins, subito dopo essere salito sul palco del Teatro Lirico Giorgio Gaber, scelto per ospitare l’evento. A Milano, come raccontato ai giornalisti, il Ceo ha incontrato clienti e prospect del settore bancario (uno dei principali mercati di sbocco per Appian) ma anche enti della Pubblica Amministrazione locale, interessati alle nuove frontiera dell’Agentic AI.
Anche Appian, come altre società software (chi nell’Erp come Microsoft, chi nel Crm come Salesforce, chi nei processi delle risorse umane e della contabilità come Workday), oggi è impegnata a potenziare la propria piattaforma con capacità di intelligenza artificiale “agente”, o Agentic AI. In particolare, l’ultima ondata di innovazione nel software a cui assistiamo sono le interfacce che permettono di configurare agenti AI aderenti ai dati e ai processi dell’azienda utente.
Il processo è l’automobile, l’AI è il motore
Seguendo la metafora citata da Calkins, se il processo è un’automobile, l’AI ne diventa il motore. Il volante, verrebbe da dire, resta in mano alle persone. “Tutti sono preoccupati di garantire che gli agenti siano usati in modo responsabile”, ha detto. “Il nostro vantaggio nell’Agentic è la fiducia, non solo per i clienti esistenti ma anche per quelli nuovi. Possiamo garnaire che gli agenti AI siano meglio istruiti. Possiamo dimostrare come la nostra architettura porti ad agenti più sicuri”.
Come osservato dal Ceo, intelligenza artificiale può significare velocità ma anche fare errori velocemente, specie se in alcune attività manca la supervisione umana. “Credo che la velocità giusta sia quella in cui l’uomo verifica il lavoro dell’AI, e parliamo comunque di una incredibile accelerazione. Se poi pensiamo all’elaborazione dei documenti o alla compilazione automatica, questo è il genere di lavoro che l’AI oggi può svolgere anche senza la necessità di una supervisione”, ha dichiarato.
Rispetto ad altri vendor, Appian ha il vantaggio di poter innestare gli agenti direttamente dentro al proprio data fabric, un'architettura che funge da layer di virtualizzazione posto sui dati, sui processi e sulle applicazioni aziendali. Il data fabric è anche ciò che permette agli agenti AI di accedere ai dati che gli servono per “pensare”, per agire e per apprendere (dunque per automigliorarsi, in circolo virtuoso). Agire può essere “un passo pericoloso”, ha ammesso Calkins. “Credo che da molti agenti AI ci si aspetti che agiscano in modo improvvisato. I nostri agenti sono diversi: le loro decisioni si basano sui processi”.
Matthew Calkins, Ceo di Appian
Creare percorsi di valore
I tre passaggi dell’Agentic AI – pensare, agire, apprendere – sono stati rimarcati nell’evento milanese, che ha anche ospitato sul palco (non a caso, quello di un teatro) alcuni attori che hanno raccontato con ironia il rapporto di amore-odio tra una manager d’azienda e suo agente di intelligenza artificiale. Non un momento di puro intrattenimento, ma anche un modo per rimarcare che senza una vera collaborazione tra persone e software non si andrà lontani.
Nei percorsi di adozione dell’AI è però anche importante porsi le domande giuste e avere degli obiettivi. “Bisogna partire dalle domande giuste”, ha fatto notare Lorenzo Alegnani, area vp customer success, Central and South Emea di Appian. “Spesso dai clienti mi sento fare domande focalizzate sul ‘cosa’. Che cosa posso fare con l’AI? Che cosa serve per introdurre l’AI in azienda? Abbiamo fatto diverse sperimentazioni, che cosa offre Appian di diverso? Vi chiediamo invece di non partire dal ‘cosa’, ma dal ‘come’”.
Per creare percorsi di valore, ha illustrato Alegnani, un’azienda dovrebbe farsi domande di focalizzate sul “come”. Come l’automazione dei processi garantisce compliance e migliora la collaborazione? Come l’AI può creare efficienza? Come un agente permette di raggiungere un certo specifico risultato, per esempio una riduzione dei tempi di risposta in un reclamo o una verifica sulla compliance?
Le ultime innovazioni di AI introdotte da Appian vanno in direzione del “come”, dell’azione che si inserisce nei processi del business. Agent Studio è un’interfaccia visuale per la configurazione di agenti di intelligenza artificiale già nativamente calati nei processi dell’azienda: senza usare codice, ma solo linguaggio naturale, si definiscono il nome, la base di dati utilizzabile, gli obiettivi, le azioni possibili e gli strumenti software a disposizione per compierle.
Di recente lancio è anche Smart Search, uno strumento per la ricerca semantica, che permette di scoprire correlazioni tra dati strutturati e documenti non strutturati. Con le funzionalità di document processing, invece, gli agenti AI agenti possono leggere file in entrata di qualsiasi tipo (messaggi email, documenti, file Pdf, pagine Web e altro ancora) senza che il modello sia stato addestrato sullo specifico formato. In sostanza, gli agenti AI di Appian “possono leggere qualsiasi cosa”, ha rimarcato Calkins, spiegando che questa è una delle funzionalità più utilizzate tra le aziende clienti.
Una quarta novità recente è AI Composer, strumento che aiuta a creare applicazioni partendo da una semplice descrizione delle funzionalità e caratteristiche attese. L’AI in automatico genera una struttura dell’applicazione e su di essa crea un’interfaccia, che l’utente può accettare o modificare.
Lorenzo Alegnani, area vp customer success, Central and South Emea di Appian
Il lavoro dei partner
Considerando il target di medie e soprattutto di grandi aziende a cui si rivolge, Appian lavora con le maggiori società di consulenza IT e system integration, come Pwc, Deloitte, Kpmg e, tra le italiane, Ntt Data. “Oggi tra i nostri clienti la priorità è di integrare l’AI nei processi aziendali, con un obiettivo di medio breve-periodo su casi d’uso che negli anni passati sono stati oggetto di interventi di digitalizzazione”, ha raccontato Cristina Petrali, financial services market driver di Pwc Italia. “La nostra priorità ora è accompagnare i clienti in questo primo percorso, che porta un valore incrementale ma molto concreto e si traduce subito in una riduzione degli scarti e anche nella capacità di portare un caso d’uso inizialmente piccolo su altre aree dell’azienda”.
Per il futuro, ha osservato Petrali, interessante è la possibilità di usare l’AI non solo come integrazione ai processi attuali, ma come strumento che può ridefinire i processi stessi. “Si tratta però di un percorso di più lungo raggio, che richiederà un ripensamento delle architetture dati sottostanti”, ha detto la manager di Pwc.
“Cerchiamo sempre di partire dai processi, immaginando come le componenti di AI possano innestarsi nella loro gestione”, ha detto Gianluca Buzi, head of operational excellence practice di Ntt Data Italia. Un caso d’uso che si sta consolidando riguarda il settore assicurativo: l’AI si inserisce bene nel processo di gestione dei sinistri, che è particolarmente complesso e frammentato su casistiche variegate e iter di approvazione.
“Abbiamo sempre posizionato Appian come tecnologia abilitante per la business integration, perché i processi sono il cuore pulsante delle aziende”, ha illustrato Davide Macchi, partner, advisory di Kpmg Italia. L’impatto di Appian, ha spiegato, non si esprime solo nell’automazione e nel miglioramento della user experience ma anche nello sviluppo delle applicazioni. “L’ultima release ci aiuta a velocizzare questa attività e quindi a offrire ai clienti un time-to-market più rapido”, ha precisato. In Italia Kpmg è particolarmente impegnata in progetti che riguardano la Pubblica Amministrazione, sia locale sia centrale: come illustrato da Macchi, l’AI aiuta a migliorare tanto la employee experience, cioè il lavoro del personale degli enti pubblici (che viene sgravato da alcune attività ripetitive e di routine), quanto la citizen experience (perché si riducono i tempi di risposta e di erogazione dei servizi).
“Come Deloitte abbiamo mosso i nostri passi fin da subito sull’AI e specie sulla GenAI”, ha esordito Edoardo Torreggiani, partner di Deloitte. “I risultati si vedono, sono molto concreti e promettenti”. Il primo beneficio è implicito, ha spiegato: tutte le organizzazioni, nell'imboccare un percorso di adozione dell’AI, partono dal considerare (e magari rivedere) l’architettura dati esistente. Altro vantaggio è il miglioramento della user experience grazie a strumenti di automazione come i chatbot. Un terzo vantaggio è la riduzione del time-to-market, poiché l’AI velocizza la creazione di prodotti e servizi, le procedure di assistenza ai clienti e quant’altro. “Le piattaforme come Appian stanno dimostrando di essere in grado di inglobare nativamente l’evoluzione tecnologica”, ha osservato Torreggiani.