Nvidia non vuole rinunciare a vendere chip per l’intelligenza artificiale alla Cina, e più precisamente alle grandi Big Tech che hanno bisogno di queste componenti per restare in testa al mercato dei servizi cloud, dei social network, dell’e-commerce e, naturalmente, dei Large Language Model. Secondo indiscrezioni del sito The Information, Nvidia avrebbe discusso con alcuni suoi grandi clienti cinesi della possibilità di avere componenti progettati ad hoc, in modo da aggirare le restrizioni sull’export. E da evitare di perdere miliardi di dollari di giro d’affari. Si tratterà, secondo le fonti, di versioni “alternative”, specifiche per la Cina, delle Gpu Blackwell. Nvidia non ha commentato l’indiscrezione.
Tre i nomi di Big Tech cinesi trapelati dalle indiscrezioni. Alibaba, cioè un colosso delle ricerche Web, dell’e-commerce e del cloud computing, oggi fortemente impegnato a diventare la “Open AI cinese” con modelli di GenAI avanzati. Tencent Holdings, società per azioni e agglomerato di servizi che spaziano dai social media alle app di messaggistica (sua è WeChat), dai videogiochi ai pagamenti digitali. E ByteDance, la casa madre di TikTok (nonché della sua versione cinese Douyin), il social network di cui da mesi di discute in relazione alla possibile, ma sempre più improbabile messa al bando negli Stati Uniti.
Agli incontri con questi tre colossi avrebbe partecipato lo stesso amministratore delegato di Nvidia, Jensen Huang, in occasione del suo viaggio in Cina di metà aprile. Sempre a detta della fonte, i clienti cinesi potranno accedere nelle prossime settimane o mesi (forse già in giugno) a campioni delle Gpu Blackwell progettate per loro.
Nuove regole sull’export di chip dagli Usa?
Sulle esportazioni di componenti “critiche” (come i chip per l’addestramento e l’inferenza di modelli di AI), sviluppate negli Stati Uniti, Donald Trump ha sostanzialmente ereditato la legge Framework for Artificial Intelligence Diffusion, emessa dall’amministrazione democratica a metà gennaio, pochi giorni prima del termine del mandato di Joe Biden.
L’export di tali componenti verso Cina, Russia e Iran è vietato, mentre per decine di altri Paesi si impongono delle restrizioni sui volumi esportabili. Per i mercati considerati di primo livello, come Taiwan, non sono invece previsti limiti. Ora però, secondo indiscrezioni di Reuters, la Casa Bianca starebbe valutando un possibile allentamento delle regole e un abbandono dell’approccio “a tre livelli”. Al suo posto, un regime di licensing unificato e accordi commerciali definiti a livello governativo, Paese per Paese.
“Alcuni stanno spingendo per eliminare i livelli”, ha detto l’ex segretario al Commercio (nella prima amministrazione Trump) Wilbur Ross, intervistato nei giorni scorsi. “Penso che sia ancora una discussione in corso”. Gli accordi singoli tra governi, secondo Ross, potrebbero essere l’alternativa.
L’accusa di Anthropic sul contrabbando cinese
Sempre in questi giorni il colosso dell’intelligenza artificiale generativa Anthropic ha invocato pubblicamente una maggiore attenzione al tema, con un approccio decisamente americano-centrico che fa storcere un po’ il naso a noi europei. L’azienda dei fratelli italoamericani Dario e Daniela Amodei ha sottolineato che nel 1990 il 40% dei chip prodotti a livello globale nasceva dentro a fabbriche statunitensi, quota oggi scesa al 12%.
Scavalcando le attuali restrizioni all’export, si legge nella lettera aperta di Anthropic, “La Cina ha creato sofisticate operazioni di contrabbando, con casi documentati che riguardano chip del valore di milioni di dollari. In alcuni casi, i contrabbandieri hanno usato metodi creativi per aggirare i controlli all’export, come nascondere processori dentro pancioni da gravidanza finti e Gpu insieme ad aragoste vive. Le aziende cinesi continuano a creare società fantasma in Paesi terzi, a rapido ritmo, per evadere i controlli sull’export”.
Tre, quindi, le raccomandazioni tracciate dall’azienda. Numero uno, correggere il sistema di tiering consentendo alle nazioni di secondo livello un maggiore accesso ai chip con accordi governativi singoli: ciò aiuterebbe a prevenire il contrabbando e ad “allineare i controlli tecnologici”. In sostanza, Anthropic propone di allentare le restrizioni sui volumi per i Paesi Tier 2, ma questo non risolverebbe il contrabbando verso la Cina, che è nel Tier 3.
La seconda raccomandazione è complementare, ovvero Anthropic chiede di abbassare la soglia dei volumi di chip acquistabili dai Paesi Tier 2 senza permesso governativo. Attualmente questi mercati possono acquistare l’equivalente di 1.700 Gpu Nivida H100 (per un valore di 40 milioni di dollari) senza ottenere un via libera formale e questo crea una possibile scappatoia per il contrabbando, perché si potrebbero fare acquisti multipli per aggirare il limite imposto. Il ragionamento è questo: se si abbassa la soglia dell’acquisto licence-free, questi acquisti multipli aumenteranno in numero e desteranno sospetto, quindi saranno sottoposti a verifica.
Terzo punto, si chiede di aumentare i fondi governativi statunitensi destinati ai controlli sull’export, per esempio quelli del Bureau of Industry and Security. Non è d’accordo Nvidia, che ha tramite portavoce ha espresso scetticismo e critiche: “Le aziende americane dovrebbero focalizzarsi sull’innovazione e innalzare l’asticella, anziché raccontare storie su come componenti elettronici grandi, pesanti e sensibili vengano in qualche modo contrabbandati in pancioni finti o insieme ad aragoste vive”.