Nonostante possa apparire un tema di strettissima attualità, in realtà di trasformazione digitale si parla da almeno un decennio. Naturalmente, è occorso un periodo di pura sperimentazione da parte di realtà all’avanguardia per mettere a fuoco la portata del cambiamento, ma “dal 2015 siamo passati alla cosiddetta multiplied innovation e anche la stessa interpretazione della concorrenza, in passato totalmente focalizzata sulle aziende, si è oggi spostata su piattaforme ed ecosistemi”, ha rilevato Fabio Rizzotto, Associate Vp & Head of Local Research and Consulting di Idc.
Per delineare le dinamiche di trasformazione nelle imprese italiane, la società di ricerca, con la collaborazione di Sap, ha condotto un’indagine su 600 aziende di vari settori, individuando
i manager coinvolti nelle strategie di innovazione di business e digitale. Il primo dato che balza subito all’occhio è che poco meno della metà dei soggetti coinvolti non appartiene all’It, segno che la centralità della figura di riferimento tecnologico nelle aziende sta venendo meno in questa fase. In buona misura ne beneficia soprattutto il direttore marketing, mentre in numero inferiore il leader si identifica con l’amministratore delegato, il responsabile delle risorse umane o il chief digital officer. Solo nel caso del Ceo, tuttavia, questo ruolo ha un rilevante peso decisionale o di coordinamento delle strategie di innovazione, mentre negli altri casi il digital leader fa parte di un team o ha un coinvolgimento solo parziale.
Il 70% delle figure appartenenti al campione analizzato percepisce l’esposizione del proprio business alla disruption, anche in settori fortemente regolamentati (pensiamo alle banche) e in generale prevale la consapevolezza che si sta entrando in un nuovo mondo: “Il 60% dei digital leader ritiene di dover sperimentare in scenari incerti, mentre il 46% prevede che la propria azienda si troverà fra tre a
nni a dover competere con nuovi attori”, commenta Rizzotto. In compenso, quando si tratta di concretizzare il concetto di innovazione, il 60% la associa classicamente a prodotti e servizi, mentre solo il 26% la estende al modello organizzativo dell’azienda e il 12% a livello dell’ecosistema.
Sfruttare i dati per stare al passo con i clienti
Per la maggioranza delle aziende, i processi di cambiamento sono associati all’evoluzione del rapporto con la clientela, dettata dalla richiesta di velocità che quest’ultima esprime. Quasi la metà dei digital leader non ritiene che la velocità con cui si innova sia adeguata ai cambiamenti di mercato e ha bisogno di migliorare tempi di risposta a richieste di clienti o utenti. Per adeguarsi, occorre saper gestire i dati di ogni provenienza (soprattutto non strutturati) e su questa base sviluppare prodotti e servizi più adeguati alle esigenze della domanda. In questo contesto, emergono però elementi di criticità, visto che il 33% difetta di nuove capability utili per rendere digital-enabled processi estesi ((logistica, stato ordini, magazzino e così via) e il 30% lamenta difficoltà nell’offrire un’esperienza coerente e omogenea attraverso tutti i canali disponibili.
In questo contesto, resta fondamentale il ruolo della tecnologia: “Il 37% prevede di aumentare la spesa, ma è interessante notare che il 47% ritiene di avere architetture tecnologiche adeguate per lo sviluppo del business digitale”, sottolinea Rizzotto. “L’elemento critico, tuttavia, indicato dal 63% del campione, resta la capacità di passare velocemente dalla fase di prototipazione a quella di innovazione estesa”. Il processo di cambiamento, poi, deve passare per un coinvolgimento più esteso di dipendenti e collaboratori come parte attiva dei processi di innovazione e per la crescita delle competenze interne su questo fronte. Una chiave per accelerare il cambiamento può essere rappresentato dalla creazione di team dedicati a ricerca&sviluppo e innovazione. Nel 56% dei casi l’organizzazione è già andata in in questa direzione e nel 58% il gruppo dipende dalla direzione generale.
Una conferma di quanto rilevante sia questo aspetto arriva da Ima Group, attore primario nel settore della produzione di macchine automatiche per il packaging. Il corporate Ii director Pierluigi Vanti ha parlato del progetto Ima Digital, che guida oggi l’innovazione della società: “La vera sfida risiede nel mettere insieme funzioni interne poco abituare a dialogare e farle collaborare. L’evoluzione dell’industria 4.0 e dell’IoT lo impone ed è per questo che il commitment parte dal top management, con l’obiettivo strategico di aumentare la quantità e la qualità dei servizi offerti ai clienti interni ed esterni”.