Intelligenza artificiale e lavoro: si torna a parlarne, con riflessioni e numeri, nei giorni del World Economic Forum di Davos. La nuova edizione dell’annuale studiov basato sui dati di un migliaio di aziende di 22 settori e 55 Paesi, quest’anno presenta una visione abbastanza ottimistica sull’impatto delle nuove tecnologie (tra cui l’intelligenza artificiale, ma non solo) sull’occupazione: secondo le stime del Wef, a qui al 2030 eroderanno 92 milioni di posti di lavoro ma ne creeranno 170 milioni.
Con un saldo positivo pari a 78 milioni di posti di lavoro, lo scenario dipinto è abbastanza roseo, più roseo di quello di osservatori dell’economia come Goldman Sachs. Ma lo stesso report del Wef sottolinea il tema critico delle competenze: ogni cento posizioni lavorative attuali, 59 dovrebbero ricevere formazione per non scomparire prima della fine del decennio. Il rischio è che diventi sempre più ampio il divario tra le professioni considerate rilevanti e quelli che il report chiama “ruoli in declino”. I più a rischio sono cassieri, ruoli amministrativi e di segreteria, addetti alla pulizia e manutenzione degli edifici, magazzinieri, addetti alla stampa, contabili, addetti ai trasporti, addetti alla sicurezza fisica, impiegati bancari (nel front desk), addetti al data entry, commessi e addetti al servizio clienti, grafici, manager amministrativi e di business service, impiegati del settore assicurativo.
Sarà l’evoluzione tecnologica, ancor prima, a determinare cambiamenti nel mercato del lavoro: l’allargamento dell’accesso alla sfera digitale viene indicato dal 60% dei dipendenti d’azienda come fattore che impatterà sulle organizzazioni da qui al 2030. Nella classifica dei fattori d’impatto seguono l’incremento del costo della vita (indicato dal 50% dei dipendenti d’azienda), gli investimenti per la sostenibilità ambientale (47%), le politiche occupazionali e sociali (46%), il rallentamento della crescita economica (42%).
Infografica: World Economic Forum, "Future of Jobs 2025", gennaio 2025
A proposito di competenze, nei prossimi anni le soft skill più richieste sul mercato del lavoro saranno resilienza, flessibilità, capacità di gestione delle risorse e controllo qualità, e contemporaneamente non si potrà evitare di avere un’alfabetizzazione informatica. Nel settore Ict, i ruoli più in ascesa sono oggi quelli legati all’intelligenza artificiale, ai Big Data, alle reti e alla cybersicurezza.
Ben due aziende su tre pianificano di assumere nuovi collaboratori con competenze specifiche sull’intelligenza artificiale e il 77% farà attività di formazione e aggiornamento del personale. Allo stesso tempo, il 40% dei datori di lavoro pensa di poter tagliare almeno alcune posizioni usando l’AI per automatizzare alcune attività. “Tendenze come l’AI generativa e il rapido cambiamento tecnologico stanno sovvertendo i settori e i mercati lavorativi, creando allo stesso tempo opportunità senza precedenti e rischi profondi”, ha commentato Till Leopold, head of Work, Wages and Job Creation del World Economic Forum. “Ora è il momento che le aziende e i governi collaborino, investano in competenze e costruiscano una forza lavoro mondiale equa e resiliente”.
All’ottimismo di questo studio del World Economic Forum si affianca, oggi, quello di un nuovo studio di Pwc presentato proprio all’evento di Davos. Il 60% dei dirigenti d’azienda intervistati si aspetta una crescita dell’economia nel breve periodo (un anno), percentuale decisamente più alta rispetto al 38% emerso nello studio del 2024. Va detto che la maggior parte delle interviste è stata realizzata prima del verdetto elettorale che ha riportato Donald Trump alla presidenza. Il 29% dei dirigenti pensa comunque che la volatilità della macroeconomia possa causare perdite finanziarie ingenti nel corso dell’anno.