L’Italia sta attraversando un momento cruciale nella trasformazione digitale dei servizi fiscali e contabili. I risultati italiani del "Future Ready Accountant 2025", il report internazionale di Wolters Kluwer che analizza l’evoluzione della professione in oltre 20 Paesi, mostrano un quadro sfaccettato. Eccellenze tecnologiche che posizionano il Paese tra i più avanzati in Europa ma anche ritardi culturali e organizzativi che frenano la crescita del settore.
Uno dei segnali più positivi arriva dall’adozione del cloud. L’Italia si colloca al terzo posto in Europa per utilizzo del cloud in modalità completa, con il 34% degli Studi che ha già migrato tutte le proprie attività sulle piattaforme digitali. È una percentuale superiore a quella di molti Paesi del Nord Europa, e indica come il mercato italiano stia iniziando a superare diffidenze storiche legate alla sicurezza e alla gestione dei dati. A spingere questa accelerazione è soprattutto il bisogno di protezione dei dati, seguito dal vantaggio di semplificare i processi e ridurre i costi di gestione IT. Nonostante ciò, se si includono anche i modelli ibridi l’Italia scivola al settimo posto. Questo è un chiaro segno che la trasformazione è avviata, ma non ancora completata, e che il timore di interruzioni operative durante la migrazione continua a essere una delle barriere più solide.
Se il cloud corre spedito, l’intelligenza artificiale procede più lentamente. Solo il 28% degli Studi italiani la utilizza quotidianamente, un dato inferiore alla media europea. Tuttavia, l’interesse è in forte crescita e oltre la metà degli Studi prevede investimenti in AI nei prossimi tre anni, segnale che la percezione del valore aggiunto dell’automazione sta maturando rapidamente.
L’AI promette di alleggerire il carico operativo delle attività ripetitive e, al tempo stesso, di migliorare l’analisi normativa e la capacità interpretativa dei professionisti. È un passaggio chiave, infatti la consulenza del futuro sarà sempre più basata su dati affidabili, scenari predittivi e insight automatizzati, ma resterà decisiva la capacità umana di interpretarne il significato.
Commercialisti e Pmi: una relazione forte
A differenza di altri Paesi, l’Italia può contare su un punto di forza unico, la relazione tra i commercialisti e il tessuto delle Pmi. Il 69% delle imprese italiane affida la contabilità a consulenti esterni, una delle percentuali più alte d’Europa. È un rapporto fiduciario consolidato, che va oltre il semplice adempimento fiscale e si traduce sempre più in un supporto strategico.
Tuttavia, proprio sul fronte della trasformazione digitale, emerge che solo il 57% degli Studi italiani aiuta attivamente i clienti nella scelta dei software e delle tecnologie da adottare. È il dato più basso tra i Paesi analizzati, e mostra il rischio che gli Studi diventino un freno, anziché un motore, dell’innovazione tecnologica nelle Pmi.
Anche la performance economica riflette un mercato in transizione. Il 66% degli Studi italiani dichiara una crescita del fatturato negli ultimi tre anni, contro l’80% della media europea. La prudenza negli investimenti resta elevata, sono infatti poche le realtà che considerano la tecnologia una priorità per il 2026, mentre gli investimenti in marketing e crescita strutturata sono inferiori a quelli dei competitor europei. L’Italia risulta ultima anche per operazioni di M&A e per attrattività verso il private equity, due leve sempre più decisive per scalare un mercato che si sta consolidando rapidamente.
La criticità dell’attrazione di giovani talenti
Un ulteriore punto critico riguarda i talenti. Solo un quarto degli Studi ha adottato modelli di lavoro ibrido e gli investimenti in formazione digitale sono molto inferiori ai Paesi più avanzati. Il risultato è una crescente difficoltà nel reperire figure professionali aggiornate, proprio mentre la complessità normativa e tecnologica aumenta. Una situazione che rischia di trasformarsi in un collo di bottiglia strutturale se non affrontata con una strategia più ampia che includa reskilling, employer branding e nuovi modelli di organizzazione del lavoro.
Un ruolo in trasformazione
In questo scenario, il settore italiano si presenta come un ecosistema in trasformazione. Da un lato troviamo una buona robustezza nella relazione con il mondo produttivo, competitività nella modernizzazione del cloud, ma anche un settore ancora frenato da una cultura della gestione interna troppo prudente e da una limitata propensione all’investimento strategico.
Dal report emerge un chiaro messaggio. Per competere in Europa gli Studi italiani devono evolversi da semplici esecutori di adempimenti a piattaforme digitali in grado di generare valore, anticipare i bisogni dei clienti e guidare le Pmi nella crescita. Se cloud e intelligenza artificiale rappresentano gli strumenti, la sfida vera è un cambiamento di mentalità. E l’Italia, pur partendo da basi solide, non può permettersi di rallentare.