19/11/2020 di Redazione

Batterygate, Apple accetta di pagare 113 milioni di dollari

La società di Cupertino ha proposto di metter fine alla (seconda) class action per il throttling con un risarcimento da 113 milioni di dollari.

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Apple fa i conti con la realtà e per metter fine al batterygate accetta di pagare, un’altra volta. La saga del throttling degli iPhone, cominciata nel 2017, sembra avviata verso il capitolo finale: l’azienda di Tim Cook ha patteggiato un risarcimento da 113 milioni di dollari con i cittadini promotori della seconda class action che vede coinvolti i procuratori generali di oltre trenta Stati Usa. Per metter fine a un’altra class action Apple aveva già accettato, lo scorso marzo, di corrispondere un risarcimento da 500 milioni di dollari ai clienti scontenti per il calo di prestazioni dei propri smartphone.

La discussione sul throttling aveva puntellato le cronache tecnologiche fin dal 2017, da quando alcuni utenti (e via via un numero crescente) sul Web avevano segnalato un decadimento delle prestazioni dei propri iPhone 6 e iPhone 7 in seguito all'installazione di aggiornamenti di iOS. Apple aveva ammesso l’esistenza del meccanismo di throttling, giustificandolo però con il nobile fine di salvaguardare la batteria, evitando surriscaldamenti. 

 

Per gli autori delle class action, invece, il meccanismo sarebbe stato finalizzato a rallentare i modelli di iPhone meno recenti, mettendo in atto una strategia di obsolescenza programmata. Nonostante le smentite, Apple era stata costretta a offrire un rimborso sull’acquisto di nuove batterie e poi, lo scorso maggio, a concordare un pagamento da 500 milioni di dollari di risarcimento per chiudere la causa collettiva.

Il nuovo patteggiamento da 113 milioni di dollari mette fine a un’altra, distinta class action che coinvolge ben 34 Stati nordamericani. Sull’accordo manca ancora l’approvazione ufficiale di un giudice. “I miei colleghi e io”, ha dichiarato Mark Brnovich, procuratore generale dell’Arizona (uno degli Stati coinvolti nella causa), “stiamo cercando di ottenere l’attenzione di queste grandi società tecnologiche, e si spera che una causa multimiliardaria che include oltre trenta Stati possa riuscirci. Le aziende non possono più essere false e nascondere la verità”.

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