21/12/2020 di Redazione

Marketing e intelligenza artificiale, una relazione da perfezionare

Dopo un anno segnato dai lockdown, nel 2021 sarà ancor più importante avvalersi dell’AI per migliorare le esperienze d’acquisto online e le attività di marketing.

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Nel 2020, l’anno del covid-19, dei lockdown e dell’inizio (tormentato) di una “nuova normalità”, molte aziende hanno capito di dover cambiare approccio per creare differenti e più solide relazioni con i propri consumatori. Altre hanno premuto l’acceleratore nella direzione già intrapresa della personalizzazione di prodotti e servizi, dell’omnicanalità. Il famoso “modello Amazon” si è allargato sempre di più ad altri e-commerce, ai grandi retailer, mentre anche gli operatori più piccoli hanno potuto sfruttare servizi di intelligenza artificiale basati su cloud per attività di marketing e relazione con i clienti. E ora? Ora, nel 2021, bisognerà fare qualche passo ulteriore, perché sappiamo che i bisogni dei consumatori non restano fermi e che nemmeno il marketing può permettersi di farlo.

 

A detta dell’ultimo report di Salesforce sui comportamenti d’acquisto, “State of the Connected Customer”, sempre più i consumatori desiderano rapportarsi con le aziende in modo empatico. Dalle interviste condotte su un campione di 15mila consumatori e responsabili d’acquisto aziendali di 27 Paesi, si è visto che la composizione “qualitativa” delle interazioni fra brand e utente si è spostata verso il digitale: nel 2019 la percentuale di interazioni digitali, sul totale, è stata del 41%; nel 2020 è salita al 58%. Il fatto certamente non stupisce, considerando come i lockdown abbiano forzatamente mutato le modalità di acquisto per buona parte dell’anno. 

 

Progressi e limiti della relazione digitale
Lo scorso settembre un altro report (“Smart Talk: How organizations and consumers are embracing voice and chat assistants”), opera del Capgemini Research Institute ha evidenziato una forte accelerazione nell’uso di assistenti vocali e chatbot da parte dei consumatori. Confrontando dati di una precedente ricerca del 2017 e interviste condotte su 12mila utenti e mille dirigenti d’azienda, è emerso che il 40% delle persone che utilizzano assistenti vocali ha iniziato a farlo solamente nell’ultimo anno.

 

Nonostante questi progressi, oggi come oggi i consumatori non sembrano ancora pienamente soddisfatti della loro relazione digitale con le aziende. Secondo l’indagine di Salesforce, in Italia quasi sette su dieci pensano che l’emergenza sanitaria abbia contribuito a elevare le aspettative sulle interazioni digitali, ma una su due si lamenta della mancata condivisione di informazioni nella vendita e post-vendita digitale. L’intelligenza artificiale potrà colmare questa lacuna? I più giovani pensano di sì, in maggioranza: il 64% degli appartenenti alla Generazione Z (i nati dal 1995 in poi) e il 66% dei Millennial auspica un maggior utilizzo di questa categoria di tecnologie. 

 

Come sappiamo, da tempo i software di apprendimento automatico vengono usati per far funzionare chatbot (utili nell’assistenza clienti) inseriti su siti Web e applicazioni, oltre che per la personalizzazione del prodotto/servizio (attraverso l’analisi di grandi moli di dati raccolte dal Web, dalle piattaforme di e-commerce, dai programmi fedeltà e dai social). Siamo certamente lontani dalla perfezione, però: online è esperienza comune trovarsi di fronte un chatbot che non comprende le nostre richieste oppure annunci pubblicitari non richiesti o, ancora, prodotti suggeriti non in linea con i nostri interessi. 

 

L’intelligenza “made in Italy”
Nel 2021, dopo un anno di “digitalizzazione forzata” per molte aziende e consumatori, sarà ancor più importante per le aziende adottare tecnologie di intelligenza artificiale allo stato dell’arte. Dove reperirle? Stati Uniti e Cina dominano in questo campo, ma fortunatamente c’è qualche felice eccezione. Tra i chatbot, per esempio, si distingue Laila: sviluppata dalla startup campana Mazer, è una piattaforma che permette di creare assistenti virtuali “empatici”, in grado di comprendere anche le sfumature di significato nel dialogo con gli utenti.

 

Altro interessante caso di made in Italy è quello di Radicalbit, startup milanese (con uffici a Londra e ad Amsterdam) che ha sviluppato una piattaforma dichiaratamente user-friendly. Rna, acronimo di Radicalbit Natural Analytics, combina l’analisi in tempo reale e l’intelligenza artificiale fornendo risultati in forma visuale, attraverso una dashboard. Rna non è però solo una piattaforma di Event Stream Processing ma anche un ambiente di sviluppo nel quale i flussi di elaborazione dati e i processi di intelligenza artificiali sono strettamente connessi. I risultanti insight sono resi fruibili in una forma facilmente comprensibile e possono lanciare promozioni e comunicazioni di marketing in tempo reale, in risposta alle azioni compiute dagli utenti attraverso il Web e gli smartphone. È quello che il marketing ha già battezzato come “live stream shopping”. 

 

 

 

Ora la tecnologia della startup milanese potrà farsi conoscere da un maggior numero di aziende grazie all’accordo appena raggiunto con Engineering: la piattaforma Rna amplierà la sua attuale offerta di soluzioni di datastream analytics.  “In un anno come quello che sta per concludersi, mentre i lockdown hanno colpito in modo estremamente forte l’economia e le vendite, abbiamo assistito per contro ad un’’accelerazione ancora più forte delle tecnologie”, ha commentato Vittorio Aronica, responsabile partnership e alliance tecnologiche di Engineering. La società, in particolare, potrà personalizzare e integrare nei sistemi di e-commerce dei suoi clienti la soluzione verticale per il settore retail di Radicalbit, denominata “GoLive”.

 

 

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