Non è un caso se Internet viene identificata come la Rete, con l’articolo determinativo davanti e l'iniziale maiuscola. Perché non è soltanto una qualsiasi infrastruttura di comunicazione, ma negli anni è diventata un’infrastruttura critica su cui si reggono grandi porzioni dell’economia e della società moderna. Come è cambiata Internet e che ruolo gioca l’Italia negli scambi di dati interni ed esterni al Paese? Ne abbiamo parlato con Maurizio Goretti, direttore generale di Namex (NAutilus MEditerranean eXchange point), il più importante nodo di interscambio del Centro-sud Italia.
Che aspetto ha la Internet odierna? Quali equilibri o disequilibri si sono delineati negli ultimi anni?
Internet è diventata un’infrastruttura critica quanto la rete elettrica, lo abbiamo visto durante il blackout spagnolo di alcuni mesi fa, quando l’assenza di connettività ha destato più preoccupazione dei frigoriferi spenti. Il traffico dati è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni: l’Osservatorio Namex ha registrato un aumento del 300% nei picchi di traffico dall’inizio della pandemia oggi.
Nel frattempo l’architettura della rete sta cambiando radicalmente. I colossi tech di oltreoceano, come Meta, Google, Microsoft e Amazon, non si accontentano più di utilizzare le infrastrutture esistenti: stanno costruendo le proprie reti private, dai data center ai cavi sottomarini. Questa verticalizzazione concentra non solo i servizi, ma anche i punti nevralgici dell’interconnessione globale.
La risposta del settore è ancora tutta da capire. La buona notizia è che in Europa la rete in fibra ottica è molto più capillare che altrove e decisamente plurale. In Italia, come nella maggior parte dell’Unione Europea, la presenza di collegamenti ridondanti tra operatori ha creato una rete resiliente che può assorbire il guasto di singoli nodi senza che se ne accorga l’utente finale. In questo i punti di interscambio hanno assunto un ruolo fondamentale, nell’assicurare resilienza, efficienza ed economicità a una rete sempre più complessa.
Quali dinamiche stanno influenzando il presente e il futuro delle telecomunicazioni e di Internet?
Le infrastrutture digitali sono diventate terreno di competizione geopolitica e, sempre più spesso purtroppo, obiettivi militari. Da un lato assistiamo a una corsa globale per connettere ogni angolo del pianeta, dalle nuove dorsali oceaniche alle costellazioni satellitari che garantiscono connettività anche in luoghi impensabili, come il mare aperto o le cime alpine. Dall’altro, i cavi sottomarini e, per ora in parte minore, i satelliti si rivelano obiettivi sensibili nelle guerre ibride contemporanee.
Sul piano economico, il dominio è quasi esclusivamente americano e cinese, con rare eccezioni europee nel panorama dei contenuti digitali. Questo squilibrio spinge l’Unione Europea a interrogarsi su normative per tutelare concorrenza e utenti, alimentando dibattiti sempre più accesi sulla sovranità tecnologica. La complessità sta nel definire confini in un ecosistema, Internet, che è nato senza confini. L’accelerazione nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale, in particolare dei Large Language Model, e il dispiegamento delle reti satellitari stanno ridefinendo completamente le esigenze di connettività, ponendo sfide inedite di governance e sostenibilità ambientale.
Maurizio Goretti, direttore generale di Namex
Che aspirazioni, realisticamente, può nutrire l’Europa nella corsa all’intelligenza artificiale?
Nel campo dell’intelligenza artificiale e dei data center, la leadership resta saldamente americana, mentre la Cina si conferma sempre di più come un credibile concorrente al vertice. Tuttavia, l’Europa ha ancora carte da giocare se i Paesi Ue uniranno le forze. Una strategia coordinata – dall’armonizzazione delle rotte dei cavi sottomarini agli investimenti in ricerca – potrebbe trasformare ogni nazione da spettatore passivo ad attore protagonista, scegliendo quale AI vogliamo per il nostro presente e per i nostri figli.
Il nostro continente non parte da zero: la ricerca europea contribuisce significativamente all’innovazione mondiale, ma manca la capacità di scalare a una competitività globale nell’industria dei contenuti. È qui che si gioca la partita: definendo regole condivise e investimenti strategici, l’Europa può ancora ritagliarsi un ruolo centrale in quella che sarà una rivoluzione epocale per la nostra quotidianità.
Quale fase sta attraversando il settore dei cavi sottomarini?
Il settore dei cavi sottomarini vive una trasformazione senza precedenti. Negli ultimi anni stiamo assistendo a un veloce cambiamento: aziende di servizi come Meta, Google, Microsoft e Amazon investono in infrastrutture complesse, posando cavi sottomarini fino a realizzare reti proprietarie che attraversano gli oceani e fanno il giro del mondo.
In Europa i cavi sono tradizionalmente di proprietà di consorzi di imprese e collegano il continente ad Africa, Medio ed Estremo Oriente. La priorità oggi è creare rotte alternative ai colli di bottiglia strategici. Il progetto Blue & Raman, ad esempio, evita il passaggio attraverso l’Egitto, dove si concentra gran parte del traffico mondiale e che rappresenta un potenziale tallone d’Achille. Gli incidenti recenti nel mar Baltico, ma anche le sole minacce, hanno evidenziato la criticità di queste infrastrutture. È essenziale diversificare i percorsi e rafforzare la cooperazione internazionale per proteggerli. Le buone notizie sono che l’Italia può avere un ruolo da protagonista, vista la posizione geografica e il know-how di aziende come Sparkle, Retelit e ora anche Unitirreno, la quale sta terminando un cavo che collega la Sicilia con Genova passando per Fiumicino e Olbia.
Per diversi anni si è parlato molto del boom dei dati e del loro impatto sulle infrastrutture digitali. Oggi l’attenzione è più focalizzata sull’AI. Internet reggerà l’urto di questi fenomeni?
Il volume dei dati in transito, cioè del traffico Internet, è letteralmente esploso, ma possiamo serenamente affermare che finora la rete ha retto grazie ai continui potenziamenti delle infrastrutture. Dal punto di vista tecnico, Internet potrà sostenere l’urto dell’AI solo evolvendo verso l’edge computing: i nuovi flussi generati dall’AI dovranno spostarsi ai margini della rete, portando capacità di calcolo e nodi di scambio più vicini agli utenti finali.
Sul fronte energetico, la questione è ancora più complessa. I data center dedicati all’AI consumano quantità enormi di energia, tant'è che negli Stati Uniti si stanno riattivando centrali nucleari dismesse. Senza un’adeguata pianificazione delle infrastrutture energetiche e di rete rischiamo di creare “scatole vuote”, strutture di dimensioni e costi significativi, ma poco funzionali. In Italia e in Europa la sfida è anche un’altra. Non esistono i soli Large Language Model generalisti, ma c’è un settore in rapida ascesa che è quello dei modelli di AI verticali, specializzati in un contesto specifico. Questi modelli sono studiati per servire contemporaneamente un numero di utenti limitato e anche i data center che li ospitano possono essere concepiti diversamente da quelli di ChatGpt (OpenAI), Gemini (Google) o altri, avendo dimensioni e consumi decisamente inferiori.
Avete celebrato i trent’anni di Nap Roma, l'Internet Exchange Point della Capitale. Rispetto a Milano, che è invece considerata la capitale tecnologica italiana, come si posiziona oggi Roma nello scenario dell’interconnessione?
Per anni Milano è stata l’unico vero polo digitale italiano, mentre Roma rimaneva ai margini. Oggi questa concentrazione non è più ottimale e le esigenze di connessione dell’intera popolazione italiana sono diverse: serve distribuire data center, nodi di rete e interconnessione in generale su tutto il territorio nazionale. Roma è cresciuta molto, oggi il traffico Internet dell’urbe è quasi la metà di quello di Milano, mentre fino a pochi anni fa era meno di un quinto. Roma sta emergendo come hub complementare, affianca Milano rafforzando la posizione dell’Italia come snodo strategico del Mediterraneo. Namex ha creduto in questa visione policentrica fin dalla sua fondazione, trent’anni fa: nati a Roma per servire il Centro-sud, abbiamo aperto un Ixp a Bari e uno a Napoli per portare connettività di qualità alle comunità locali.