18/11/2025 di Valentina Bernocco

L’AI si nutre di dati e processi, ma ha anche bisogno delle persone

Per Appian, la responsabilità umana rimane centrale nei processi automatizzati. Sulle data platform, in Italia la Pubblica Amministrazione accelera.

La modernizzazione delle aziende e macchina pubblica passa per l’intelligenza artificiale: su questa visione concordano moltissimi vendor tecnologici. Ma è una visione generale, che sottende approcci differenti. Per Appian, intelligenza artificiale significa automazione, velocità, efficienza, riduzione degli errori ma senza mai togliere alle persone il controllo e la responsabilità. Il messaggio portato sul palco londinese di Appian Europe dall’amministratore delegato, Matt Calkins, vale anche su un mercato oggi ancora dinamico (nonostante la chiusura della parentesi del PNRR) come quello italiano.

“L'azienda sta andando molto bene: dopo un periodo di transizione, stiamo procedendo nella giusta direzione, ha esordito Silvia Speranza, da un paio di anni alla guida della filiale italiana con il ruolo di regional vice president Italy & Greece. “L'Italia è in linea con la crescita generale, anzi probabilmente la previsione per quest'anno è la migliore degli ultimi anni”. Se fino a poco tempo fa i ricavi di Appian erano sbilanciati sui professional services, oggi la parte software è preponderante e il passaggio al modello del “customer success” è stato positivo, ha testimoniato Speranza.

A contribuire al buon andamento c'è stata sia la differente strategia di go-to-market adottata, sia un'evoluzione nella mentalità delle aziende “Vedo dei forti cambiamenti a livello di cultura aziendale, negli Stati Uniti ma soprattutto in Europa e anche in Italia”, ha proseguito la manager. “C'è anche un approccio diverso nel mercato, da parte di noi vendor, perché la competizione ha portato a una diversa attenzione al cliente. è importante partire dalla conoscenza dei clienti, senza la quale non si può portare valore".

"Questo è il nostro decimo anno in Italia, abbiamo costruito nel tempo una reputazione solida”, ha testimoniato Lorenzo Alegnani, area vice president customer success, Central and South Europe. "Oggi, rispetto al passato, sento maggiore spinta all'innovazione. Per esempio, oggi le banche parlano di AI, cosa che non facevano due anni fa. Il mercato ha capito di dover fare qualcosa per stare al passo e che l'AI non è una buzzword ma un treno da non perdere per non restare indietro”.

Silvia Speranza, regional vice president Italy & Greece di Appian

Silvia Speranza, regional vice president Italy & Greece di Appian

La Pubblica Amministrazione accelera

Storicamente, per Appian, in Italia il settore dei servizi finanziari è il primo bacino di riferimento, a cui segue l'assicurativo. Oggi però la domanda di automazione e di data platform sta accelerando in particolare nella Pubblica Amministrazione, ed è stato un po’ una sorpresa constatarlo. “Mentre l'anno scorso avevamo osservato una forte spinta dell'insurance, quest'anno vediamo un esplosione della Pubblica Amministrazione centrale, e nonostante l'effetto del PNRR si stia esaurendo”, ha raccontato Speranza. “Negli ultimi anni c'erano dei fondi da spendere in qualche modo, il focus era sui budget da spendere. Ora invece si fanno progetti guardando al valore e non solo alla spesa. E in questo Appian sta svolgendo un ruolo importante, specialmente in alcune piattaforme di PA centrali che ci hanno scelti come partner”.

Come sottolineato da Alegnani, la tecnologia di Appian non può risolvere problemi preesistenti sulla qualità dei dati, sulla loro correttezza e sul loro aggiornamento. Può, però, creare con il data fabric la agognata “vista unica” che risolve il problema della frammentazione in silos. “Possiamo creare, all'interno della singola organizzazione, un livello di virtualizzazione dei dati, in modo che chiunque possa avere accesso ai dati dei processi di cui è owner”, ha spiegato Alegnani. “Il tema della mancanza di automazione nella PA è più tangibile ma esiste anche in altri mercati”.

"In questo momento nella PA l'attenzione è sull’ottimizzazione dei processi interni, sia per far lavorare meglio i dipendenti sia per dare un servizio migliore al cittadino”, ha proseguito Speranza, precisando che la prima delle due cose è necessaria per la seconda. “Dare un buon servizio al cittadino richiede l'efficienza dei processi”.

Lorenzo Alegnani, area vice president customer success, Central and South Europe di Appian

Lorenzo Alegnani, area vice president customer success, Central and South Europe di Appian

Dati, processi e AI: i tre spicchi del triangolo

Ma per rendere efficienti i processi è necessario avere visibilità su ciò che accade, in tempo reale, superando le frammentazioni e ottimizzando i flussi di lavoro dopo aver individuato problemi e colli di bottiglia. In pratica, serve una data platform. “In Italia”, ha proseguito Speranza, “ci sono organizzazioni della PA anche importanti che ancora non hanno una data platform e gestiscono ancora le attività con file excel o email”. 

Qui si innesta la questione dell'intelligenza artificiale, a cui le pubbliche amministrazioni “sicuramente sono interessate”, testimonia la manager italiana. E la questione riguarda, naturalmente, anche il mondo delle imprese. Senza un lavoro di reingegnerizzazione dei processi a cui segua l'adozione della data platform, l'utilizzo dell'AI rischia di essere poco benefico. Nella visione di Appian, ribadita nel recente evento londinese, l'AI va inserita in azienda dopo averne valutato gli impatti sull'intero processo, e non sulla singola attività.

Per dirlo con una metafora visuale, la strategia di offerta di Appian è un triangolo composto da tre spicchi: dati, processi e intelligenza artificiale. L'AI standalone, magari utile nell'ambito consumer, al contrario nelle aziende non genera un reale valore, oltre a essere più difficile da controllare e potenzialmente più rischiosa. “L'AI mette paura quando è fuori controllo”, ha osservato Speranza. “Ma nel nostro caso non è mai fuori controllo, è sempre sotto la responsabilità delle persone. Nella nostra realtà quasi sempre l'AI viene usata dopo aver già adottato Appian per gestire dei processi, quindi viene calata all'interno di contesti già governati dalla nostra piattaforma”.

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Controllo e responsabilità in mano alle persone

“Il nostro messaggio punta più sul valore di ciò che si vuole ottenere, sottolineando che cosa l'AI permette di fare e non si potrebbe fare altrimenti”, ha illustrato Alegnani. “A volte le implementazioni falliscono perché non hanno dimostrato il valore atteso o perché il valore da ottenere non era stato definito all'inizio”.  Le aziende dovrebbero, invece, innanzitutto individuare i propri punti deboli da risolvere e gli obiettivi da raggiungere, e solo dopo procedere con l’adozione di un’intelligenza artificiale funzionale a tali scopi.

Quella proposta da Appian non vuol essere un'AI totalmente autonoma, che sposti le responsabilità dagli esseri umani al software. All’interno della piattaforma, l'intelligenza artificiale può velocizzare, rendere più efficiente il processo, ma la decisione finale resta all’utente.  “L'AI per noi non è fine a sé stessa ed è parte del data fabric", ha detto Alegnani. “Noi di Appian non abbiamo mai posizionato l'AI per gestire processi end-to-end, ma la usiamo all'interno di processi in cui l'essere umano è ben presente”. 

Il discorso vale anche per gli agenti AI, che Appian permette di configurare attraverso lo strumento low-code Agent Studio: possono, sì, compiere azioni in autonomia ma sempre in base alle fonti di dati, agli applicativi e agli obiettivi definiti a monte. Inoltre, è possibile inserire nei workflow procedure di approvazione, dove ancora serve l’occhio, l’attenzione e il ragionamento dell’utente. “L'AI permette di realizzare cose prima impensabili, ma non ha una accountability”, ha ribadito Alegnani. Potremmo forse trasformare il metaforico triangolo di Appian in un quadrato: sul quarto vertice - insieme a dati, processi e AI - ci sono gli esseri umani.

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