(Immagine: The White House)
Una stretta di mano fra Donald Trump e Tim Cook ha sigillato l’impegno di Apple per un iPhone un po’ più “americano” e un po’ meno asiatico. Dalla Casa Bianca è stato annunciato un nuovo investimento da 100 miliardi di dollari, che rafforza l’impegno dell’azienda di Cupertino per il potenziamento della capacità produttiva negli Stati Uniti. Un’aggiunta che porta a 600 miliardi di dollari l’investimento totale pianificato per i prossimi quattro anni, con la prospettiva di creare circa 20mila posti di lavoro.
La notizia è arrivata da Washington condita dall’usuale retorica patriottica: “Le aziende come Apple stanno tornando a casa, stanno tutte tornando a casa”, ha detto Trump in conferenza stampa nello Studio Ovale, dopo aver ricevuto una targa commemorativa personalizzata del logo Apple, poggiata su una base in oro 24 carati (dettaglio ben specificato nella copertura giornalistica dell’evento). “Questo è un passo significativo verso l’obiettivo ultimo di garantire che gli iPhone venduti in America siano anche prodotti in America”.
Per Apple non si prospetta dunque una (probabilmente non fattibile e sicuramente non conveniente) completa rinuncia a fornitori asiatici come Foxconn, ma solo un dirottamento della produzione degli iPhone destinati al mercato statunitense. Un dirottamento che tra l’altro rimane parziale, per ora. Rispondendo alle domande dei giornalisti, Cook ha detto che molti componenti del melafonino, come i semiconduttori, gli schermi e i moduli di Face ID, vengono già fabbricati negli Stati Uniti- L’assemblaggio degli iPhone, invece, almeno “per un po’” continuerà a essere realizzato altrove. In conferenza stampa il Ceo di Apple ha citato le collaborazioni con aziende come Texas Instruments, Broadcom e Tsmc (in quest'ultimo caso, attraverso le fabbriche della taiwanese in Arizona).
L’annuncio del nuovo investimento si colloca nello scenario critico e incerto dei dazi sulle importazioni voluti da Trump. Attualmente gli smartphone, i computer e altri dispositivi elettronici sono esclusi dai dazi sulle importazioni ed esportazioni tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia il presidente repubblicano ha chiesto a Apple di dirottare la produzione su fabbriche statunitensi per non incorrere in una tassazione del 25% o superiore.
L’annuncio si colloca, anche, in un momento storico in cui le Big Tech sono impegnate soprattutto nell’area dei data center, per necessità di nuovi server o aggiornamenti dei server attraverso carichi di Gpu. Ed è una corsa al potenziamento dei servizi cloud, naturalmente con un occhio di riguardo per l’intelligenza artificiale. Apple non fa eccezione, essendo nella rosa dei grandi operatori hyperscaler mondiali e pur non posizionandosi come un fornitore di servizi cloud aziendali. Le necessità di iCloud e dell’App Store, infatti, essenzialmente fanno parte all’ecosistema di prodotti e servizi marchiati con la mela morsicata.