17/05/2021 di Redazione

Crisi dei semiconduttori, luci e ombre di un fenomeno

Il settore automobilistico è quello più colpito dalle carenza di fornitura di componenti hi-tech. Per Ibm, Intel, Samsung e altri, il problema non si risolverà tanto presto.

immagine.jpg

Se ne parla ormai da un anno, e continueremo a parlarne: la carenza di processori e altri componenti semiconduttori continua a pesare sull’industria informatica e su altri mercati, e contribuirà a far salire i prezzi (sia quelli dei componenti, sia quelli dei prodotti finiti) per altri due anni. Sul fatto che si tratti di una crisi di lungo periodo concordano le principali voci autorevoli del mercato. Secondo quanto riferito dal presidente di Ibm, Jim Whitehurst, ai microfoni della Bbc, dovremo aspettarci che passino due anni “prima che venga attivata una sufficiente capacità incrementale per allieviare tutti gli aspetti della carenza di chip”.

 

Il discorso vale per i Pc e i server, ma ancor di più forse per l’industria automobilistica, che anno dopo anno è sempre più impegnata nell’uso di sistemi di calcolo e interfacce di connettività. Considerando i tempi che intercorrono dal momento in cui una tecnologia viene sviluppata a quando sbarca sul mercato, secondo Whitehurst l’ipotesi di una risoluzione entro il 2021 è irrealistica. E non è escluso, a suo dire, che l’industria debba riconsiderare il modo in cui i microchip vengono usati: “Dovremo prendere in considerazione il riutilizzo e l’estensione del ciclo di vita di certi tipi di tecnologie di computing, così come dovremo accelerare gli investimenti per poter ottenere rapidamente nuova capacità produttiva”, ha dichiarato. 

 

I problemi di fornitura di semiconduttori, come sappiamo, erano cominciati lo scorso anno in seguito alla dichiarazione dello stato di pandemia, quando in tutto il mondo i lockdown avevano generato improvvisi effetti dirompenti sulla società: lo smart working forzato, la didattica a distanza, l’abbandono dei mezzi pubblici in favore delle automobili, il boom dei videogiochi su consolle, per citare i più evidenti. In molti mercati, come quello dei Pc, la domanda si è improvvisamente gonfiata come non accadeva da anni, arrivando a superare l’offerta disponibile e favorendo una generale escalation di prezzi.  Le chiusure delle fabbriche (anche quelle di semiconduttori) nei periodi di lockdown più severo hanno contribuito a peggiorare la situazione. Da allora gli operatori che stanno a monte della supply chain hanno lavorato per aumentare la loro capacità produttiva, ma nel frattempo la domanda di dispositivi per il telelavoro e la didattica a distanza è rimasta sostenuta. Contemporaneamente, la migrazione in cloud di molte attività e applicazioni aziendali ha alimentato il bisogno di espansione dei grandi data center hyperscale. 

 

 

Smart working e didattica a distanza hanno gonfiato la domanda di Pc nel 2020

 

 

Riguardando a ciò che è accaduto nell’ultimo anno, si comprende come la pandemia abbia causato incertezze e conseguenti passi falsi negli attori della filiera tecnologica. In seguito al primo lockdown, nel mezzo di una situazione drammatica e confusa, molti costruttori di auto avevano fermato gli ordini di fornitura, salvo poi accorgersi poco dopo di non poter soddisfare la domanda. Ora, di fronte all’impossibilità di procurarsi componenti in misura sufficiente, case automobilistiche come Nissan, Renault e Ram hanno temporaneamente privato i loro modelli degli accessori più hi-tech, come gli specchietti retrovisori smart, gli schermi digitali per la guida assistita e i sistemi di navigazione Gps. Anche i produttori di elettronica di consumo, di televisori, di grandi elettrodomestici e addirittura di dispositivi come gli spazzolini elettrici si sono scontrati con la mancanza di “materia prima” digitale per confezionare i loro prodotti.

 

Uno tra i grandi costruttori mondiali di chip, Samsung Electronics, a fine aprile ha fatto sapere di voler “ribilanciare” le proprie attività in modo da minimizzare l’impatto del problema sulla produzione di schermi e accessori per gli smart Tv. “Stiamo discutendo con i retailer e con i principali canali di vendita in merito ai piani di fornitura, così da poter allocare i componenti sui prodotti che hanno maggiore urgenza o priorità”, ha dichiarato  Ben Suh, vice presidente Investor relations di Samsung. E anche un big mondiale del settore, Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc), ha espresso le proprie preoccupazioni: intervistato da Cbs, il presidente della società, Mark Liu, ha detto di attendersi che la carenza di chip per il settore automobilistico si prolungherà almeno fino ai primi mesi del 2022. 

 

Nessuna rassicurazione nemmeno da Pat Gelsinger, il nuovo amministratore delegato di Intel: la sua previsione temporale è la stessa di Ibm, ovvero serviranno altri due anni per ritrovare il precedente equilibrio fra domanda e offerta. Non a caso, per affrontare un problema non di breve periodo, l’azienda di Santa Clara ha da poco annunciato una nuova strategia produttiva che integra la capacità interna (le fabbriche Intel esistenti e quelle in via di realizzazione) con quella di costruttori esterni. In fondo non per tutti lo scenario del mercato dei semiconduttori è tetro, dipende dai punti di vista: per chi si limita a produrre componenti, e non oggetti finiti, gli affari non vanno affatto male. Secondo le stime di Idc, quest’anno il giro d’affari di chi sviluppa, produce e vende semiconduttori crescerà di oltre il 12%, rispetto a un 2020 già caratterizzato da un aumento di giro d’affari superiore al 10%. Quel che è certo è che tutti, lungo tutta la supply chain, dovranno lavorare sodo per adattarsi all’ormai famigerata nuova normalità.

 

ARTICOLI CORRELATI